giovedì 14 marzo 2013

Belisama

Belisama, il cui nome deriva dalla radice protoindoeuropea "bel" = "luce" e significherebbe  "estate brillante", era la Dea gallica e ligure del fuoco, della saggezza, della forgiatura e dell'artigianato, moglie di Bel/Belenus/Belanu Dio del Sole, uno dei maggiori e più antichi déi europei, associata ad Atena/Minerva, anche lei come Brighid viene spesso raffigurata con un serpente e una scrofa bianca (antichi animali legati alla Dea Madre) e condivide con lei la radice del nome e le caratteristiche tanto da poter affermare che siano la stessa divinità. Il fatto che venga spesso rappresentata con dei serpenti fra le mani, sta ad indicare che era una dea della saggezza e della guarigione. Belisama era anche la Dea delle acque, signora dei fiumi, dei ruscelli e delle fonti sacre a scopo curativo e legato alla fertilità. Altre varianti del nome sono: Belisana, Belisna, Belisma, Belasama, Belesana. Iscrizioni con il suo nome sono state rinvenute dalla Gallia Cisalpina e Transalpina, a sud, sino alle isole britanniche, a nord. La sua pianta sacra era il biancospino e con questo, secondo la leggenda, avrebbe indicato a Belloveso il luogo di fondazione della città di Milano.  Secondo una leggenda nei profondissimi sotterranei del Duomo ci sarebbe un lago, un grande lago circondato da arcate e sulla cui riva ci sarebbe un tempio dedicato a Belisana o alla Grande Madre. Belisama e il suo consorte vengono festeggiati a Beltane, il primo maggio.

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Il primo santuario
La storia della piazza del Duomo non può andare disgiunta da quella del medhelan, “centro di perfezione” o “terra sacra di mezzo”, ossia del grande santuario celtico presumibilmente fondato nel primo quarto del VI sec. a.C., da cui derivò il nome latino di Mediolanum e quello odierno di Milano. 
Un medhelan era un bosco sacro che si trovava, più o meno casualmente, al centro di una serie di coordinate terrestri e astrali, che facevano di esso il luogo ideale per il raduno dei druidi e della popolazione in particolari momenti celebrativi.
Il nostro santuario, destinato alla confederazione insubre, doveva presentarsi come uno spiazzo erboso circondato da alberi che formavano un’ellisse con gli assi di m 443 x m 323 ed era situato intorno a piazza della Scala, lasciando piazza del Duomo a meridione. L'accesso al santuario era garantito da un sistema di sentieri il cui tracciato venne mantenuto anche in età romana e si trasmise fino al XIX secolo; tra i tracciati viari quello che correva immediatamente a meridione del santuario condizionò l'orientamento dei posteriori edifici romani e per conseguenza l'orientamento di quella che sarebbe diventata la nostra piazza del Duomo. Questo tracciato è identificabile con l’attuale corso Vittorio Emanuele, piazza Duomo, Cordusio e via Broletto, il cui andamento curvilineo è ancora evidente, nonostante lo stravolgimento dell'orientamento operato per la realizzazione della piazza in età sabauda.


Il santuario di Belisama-Minerva
Le costruzioni più antiche rinvenute nell'area di piazza Duomo risalgono a due secoli dopo la fondazione del santuario, quando con la seconda ondata di Galli, conosciuta come invasione guidata da Brenno nel 390 a.C., al medhelan si affiancò il centro della confederazione insubre, secondo la leggenda col nome di Alba. Nonostante manchino reperti per stabilire la qualità delle abitazioni, nell’area di Palazzo Reale e della retrostante via Rastrelli sono stati fatti ritrovamenti databili tra la fine del V sec. e gli inizi del IV sec. a.C. Gli scavi nell’angolo SW di Palazzo Reale hanno restituito a - 5 m di profondità una piccola fornace del V sec. a.C. oltre a tracce di abitazioni non meglio definite.
Da Polibio sappiamo che gli Insubri avevano un tempio dedicato a Minerva, corrispondente alla celtica Belisama o Brigida, la “Luminosa”, che custodiva le insegne dette “inamovibili”. La tradizione locale identifica questo tempio con una piccola cella a base quadrata e forse circondata da un portico rinvenuta da Mario Mirabella Roberti all’interno della cattedrale estiva, con delle misure che si aggirano sui m 17 di lato. 


La cittadella
Il medhelan continuò a sussistere accanto ad Alba e venne più tardi trasformato in cittadella, ossia circondato da un terrapieno rinforzato da palizzate, affinché la popolazione potesse trovarvi riparo nelle emergenze o vi si radunasse in occasione di feste o cerimonie. Aveva pur sempre carattere sacro, finché dall'imperatore Augusto in poi, dopo il divieto dei culti peculiari dei Celti, tale funzione venne gradualmente meno. Nell'antico medhelan si poté allora costruire (sono state trovate tracce di abitazione intorno a S. Fedele), ma avanzava ancora ampio spazio per i raduni, per cui rimase nella memoria collettiva a partire dal medioevo come arengo; il vocabolo pare essere di origine germanica e derivare da "ring" ossia "cerchio", forse per l'abitudine di disporsi intorno a chi parlava, ma nei documenti si chiama anche arenario, chiaramente per la presenza di terra battuta. 


"...E' una delle potenti Matres e quale rappresentazione del potere femminile è intimamente legata al sottosuolo, gli inferi, il grande ventre della Madre da cui nascono tutte le sorgenti. Da citare è la sorgente di Herse ( Francia ) situata nella foresta di Belleme, ovvero Belisama, in cui un'iscrizione latina rivela che era dedicata agli "Dei Infernali" ( da intendere nel senso pagano del termine ). Tra le rappresentazioni più interessanti, alcune statuette votive in cui viene raffigurata come una nobile donna ( elemento generatore - Terra - Acqua ) ornata di corona ( Fuoco - Luce - Regalità ) e coperta da una lunga veste. Il braccio destro è disteso lungo il corpo con la mano aperta, palmo rivolto in avanti. Il sinistro è invece piegato a livello del bacino con la mano semichiusa a forma di coppa. L'intera figura poggia sulla schiena di un uccello simile ad un anatra ( Aria - Acqua )...."






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