lunedì 10 giugno 2013

Le Tùatha Dé Danann

Mi accingo a scrivere di un argomento piuttosto complicato...una storia tra mito e realtà, dove i confini si confondono facilmente...Negli anni mi sono posta diverse volte domande su cosa fossero le Tùatha Dé Danann e quindi ho fatto delle ricerche, purtroppo non avendo la possibilità di reperire testi di prima mano, ho dovuto affidarmi al web e ne ho ricavato una serie infinita di informazioni contrastanti e a volte molto fantasiose, se non addirittura assurde, idem per quanto riguarda l'ipotetica Dea Danu, di cui all'inizio, in base alle info che circolano su internet, avevo dato per scontato l'esistenza, quando in realtà non esiste nessuna prova documentata che sia mai esistita una Dea con questo nome, se non nella tradizione Indù. Veniamo quindi ai fatti.

Il Mito


Il mito irlandese narra che ci fu un tempo in cui i più potenti tra i figli di Danu decisero di assumere abito terrestre e di scendere e dimorare sulla Terra. Le Tùatha Dé Danann (Le tribù di Danu), così chiamati, arrivarono in Irlanda dal cielo avvolti in una nebbia. Vennero in Eire (altro nome dell’Irlanda), esseri brillanti di luce, in nubi di fumo e lampi, il 1° Maggio. Venivano dalle stelle gli Dei d’Irlanda, portando con sé i tesori delle loro patrie native: dal regno di Findias la spada di Nuada, che non mancava mai la vittima; da Gorias la lancia di Lugh, che rendeva invincibile in battaglia chi la impugnava; da Murias il calderone di Dagda, capace di sfamare un numero illimitato di persone senza svuotarsi mai; e da Falias la Pietra del Destino, che emetteva un grido se veniva percossa dal giusto re. Al tempo del loro arrivo, l’Eire era abitato da una razza conosciuta come Fir Bolgs. Le Tùatha Dé Danann raggiunsero le coste avvolti dalle nebbie per nascondersi. La razza divina creò un' eclissi che durò tre giorni, e la Morrigan oltre alle nebbie creò delle tempeste che si scaricarono sui Fir Bolgs, sino a costringerli a cercarsi un nascondiglio. Quando le due parti si incontrarono, dopo un iniziale periodo di tregua, si accese una battaglia sanguinosa in cui i Fir Bolgs ebbero la peggio e così le Tùatha Dé Danann acquisirono il controllo del territorio irlandese. Le Tùatha Dé Danann vengono dal Nord: qui hanno studiato tutte le loro potenti arti magiche. Di Dagda si dice che sia stato il più grande di loro, signore della conoscenza e Sole di tutte le Scienze. Fu un regnante grande e generoso per 80 anni, chiamato anche Eochaid Ollathair, il Padre di Tutti, potente e pieno di talenti. Possedeva una mazza a doppia terminazione: con un capo poteva uccidere nove uomini in un colpo solo, mentre con l’altro poteva riportarli in vita. Nuada fu un altro sovrano, che regnò giustamente e con coraggio fino alla prima battaglia di Mag Tured, nella quale perse un braccio e Diancecht, medico delle Tùatha Dé Danann, gliene fece uno di metallo prezioso, che valse al sovrano il nome di Nuada braccio d’argento. Diancecht era un dottore davvero speciale: guardiano di una fonte della salute insieme a sua figlia Airmed, era in grado di ridare la vita a tutti i guerrieri uccisi immergendoli totalmente nella fonte, causando gravi "problemi" e panico ai nemici che incontravano di nuovo in battaglia i guerrieri uccisi a fatica il giorno prima. Se però i guerrieri erano stati decapitati, allora la "resurrezione" diveniva impossibile. Manannan MacLyr girava in mezzo al popolo con vesti dimesse, aiutandoli nelle loro imprese. Poteva mutare forma a piacimento. Era un dio molto potente e possedeva una nave magica che "viaggiava senza vele ed era guidata dal pensiero". Giganteschi erano i cavalieri delle Tùatha Dé Danann, ma con il passare del tempo e con l’opera di dissuasione della cristianità, persero importanza e dimensione. Erano grandi maestri di magia e si dice che fossero venuti dalle stelle per insegnare ai figli della Terra l’amore e l’armonia. Secondo le descrizioni, questi esseri avevano la pelle chiara ed erano di grande bellezza. Molti divennero eroi del Fianna, una grande forza combattente dell’Irlanda, composta da guerrieri scelti comandati da Finn Mac Cuhmail, presentato sia come un gigante che come un eroe. Sua moglie era una dea cervo e gli diede un figlio di nome Oisin che aveva lo stesso potere materno di mutare forma. Oisin andò nella "Terra della Giovinezza" per sposare Niave, una principessa di quelle terre. Visse con lei per tre anni nell’Altromondo, ma poi sentì la nostalgia degli altri Fianna. Ritornò a casa sul cavallo magico di Niave e scoprì che erano passati centinaia di anni e i Fianna non erano altro che leggende quasi dimenticate. Si imbatté in un vecchio caduto in un fossato e mentre lo stava aiutando ad uscirne, la cinghia della sua sella si ruppe. Non appena toccò il terreno, Oisin divenne vecchissimo e il cavallo se ne volò a casa. I figli di Danu sono conosciuti anche come "Gli Eterni, o Esseri Opalescenti", perché erano a parte del segreto dell’immortalità. Celebravano una Festa dell’Età, con la quale nessuno diventava vecchio, dove si beveva la birra di Gobhniu il fabbro. Non deve sorprendere l’accostamento dell’immortalità con un dio della metallurgia. L’arte del fabbro era tenuta in grande considerazione dagli dei: egli era in contatto con le sottili forze telluriche e magmatiche della Terra, i cui flussi lavici rappresentavano il mestruo della Dea, apportatrice di vita e dell’immortalità. Inoltre, le armi forgiate da Gobhniu non avrebbero mai mancato il bersaglio. Negli antichi manoscritti irlandesi "Il libro di Leinster" e "Il Libro di Dun Cow" gli appartenenti alla razza dei Tuatha De Danann vengono descritti come "dei e non dei", indicando che essi sono di fatto una via di mezzo, è comunque indubbio che i Tuatha De Danann fossero trattati come "dei che vivono tra di noi". Furono grandi re e guerrieri, potenti maghi, insegnarono l’Arte ai druidi e alle sacerdotesse. Furono venerati come Dei, regnarono indisturbati per secoli finché arrivò dal sud un popolo dai capelli rossi: i Gaeli. I Tuatha nascosero le spiagge dell’isola dietro una grande nuvola nera e scatenarono una tempesta tremenda. I Gaeli furono così ricacciati indietro, non riuscendo ad approdare. Ma tra le loro fila c’era un grande druido che ordinò alla tempesta di cessare, i Gaeli poterono così sbarcare in Irlanda. Dopo essere stati sconfitti dai gaelici, i figli di Danu - i Tuatha - si ritirarono nelle colline cave, i monti Sidhe, nel regno di Faerie (Il Regno delle Fate), situato nel piano astrale, dove vivrebbero insieme agli altri spiriti della Natura, alcuni li chiamano Sidhe, altri Elfi, altri ancora Fate. Sono guerrieri alati e potenti che hanno il compito di vegliare e aiutare il genere umano. I miti e le leggende del passato raccontano di come, nella loro veste di Sidhe, (pronuncia Shee significa “il popolo dei Tumuli o delle colline” infatti, abitualmente le fate vivono in luoghi isolati vicino colline o tumuli di terra, dove in genere vi è l’ingresso per il loro mondo), essi influenzassero i grandi eroi nei loro sforzi oppure di come vi si opponessero favorendo i loro nemici. Bodb Dearg (Bodb il Rosso), figlio maggiore di Dagda, fu scelto per essere il loro re. Si dice che fosse esperto in incantesimi e misteri. In epoca post cristiana le divinità celtiche vennero confinate nei miti del folcklore popolare divenendo parte integrale del piccolo popolo, in veste di re o regine del regno fatato continuarono a vivere anche dopo l’avvento del cristianesimo, ed ecco perché il termine Tuatha de Danaan finì per essere usato come sinonimo del piccolo popolo. Le divinità dell’antica religione che non finirono demonizzate furono trasformati in esseri fatati facenti parte delle leggende, diventando così meno minacciosi per il cristianesimo. La Dea Madre sopravvisse nel mito e in forme cultuali segrete sotto forma di Fata buona, Fata del destino, Fata madrina, Regina delle fate.

N.B. Ora nel tentare di mettere ordine e chiarezza, ho trovato un sito davvero ben fatto, uno studio serio e affascinante sulle Tùatha Dé Danann, quindi riporterò per intero la loro analisi (qui trovate l'originale http://bifrost.it/CELTI/6.TuathaDeDanann/01-TuathaDeDanann.html#VI) e vi consiglio di visitare il sito perché troverete tutto e di più sulla mitologia celtica http://bifrost.it/Miti/Celti.html . E' lunghissimo, ma davvero vale la pena di leggere...

L'Etimologia


I - LE TÚATHA DÉ DANANN: PROBLEMI ETIMOLOGICI

La più frequente traduzione dell'etnonimo Túatha Dé Danann è «Tribù della dea Danu». È questa la resa tradizionale del nome, quella riportata in tutti i libri di mitologia. Ma è quella corretta? La verità è che su questo nome gravano serie difficoltà di interpretazione, come adesso vedremo.

Il primo termine dell'etnonimo, túatha, non offre problemi. Questo è infatti il plurale del sostantivo gaelico túath, relato a sua volta al celtico continentale teutā > toutā (cfr. il teonimo Toutatis), a indicare una popolazione dalla comune ascendenza. È quindi giustificato l'uso della parola di origine latina «tribù», da usarsi però al plurale: «le tribù».

Più problematico è invece il termine successivo, dé. Lo si ritiene comunemente il genitivo della parola «dea», riferito a Danann, da cui la comune traduzione «Tribù della dea Danu». La difficoltà sta nel fatto che in realtà dé è il genitivo del sostantivo maschile dia «dio» (la parola «dea» in irlandese è bandia); in tal caso una traduzione corretta dovrebbe essere «Tribù del dio di Danu». (E non bisogna neppure trascurare la possibilità che non si tratti di dé, ma di de, come a volta si trova nei manoscritti; in irlandese de è la preposizione «di», proprio come nelle lingue neolatine: in tal caso la corretta interpretazione dell'etnonimo sarebbe semplicemente le «Tribù di Danu».)

E veniamo ora all'ultimo termine, il più controverso. Danann (nei testi antichi scritto Danand o Donand) viene assunto come il genitivo di un nome proprio, la cui forma nominativa si ritiene comunemente sia *Danu. Purtroppo questo nome non è attestato in nessuna fonte antico-irlandese: è stato ricostruito dagli studiosi dell'Ottocento, in analogia con altri termini che presentano una medesima declinazione (come Ériu «Irlanda» che al genitivo dà Érenn). Un'altra possibilità è che Danann sia connesso col termine dán «arte, facoltà, capacità», che però viene declinato al genitivo come dána (da cui l'espressione áes dána «gente dell'arte» riferita all'insieme degli artigiani, degli artisti, dei musici e dei giuristi di una tribù).

Come si vede dunque, la comune traduzione di Túatha Dé Danann come «Tribù della dea Danu» è il risultato di una serie di scelte non del tutto giustificabili. Una resa filologicamente più corretta potrebbe essere «Tribù del dio di Danann», anche se, in base alle ragioni addotte dagli antiquari sull'origine del termine, in questo sito preferiamo tradurre «Tribù degli dèi di Danann».

Ancora un piccolo dettaglio. I moderni scrittori che si sono dedicati a divulgare le gesta delle Túatha Dé Danann in forma narrativa, hanno sempre manifestato una spiccata tendenza a contrarre il nome, troppo lungo e pesante per ripeterlo di seguito nel testo. Le varie soluzioni escogitate si sono però rivelate poco corrette. È infatti improprio chiamarli «i Túatha», come se túatha fosse il nome proprio del mitico popolo d'Irlanda e non il sostantivo plurale «tribù», applicabile allo stesso modo a ogni popolazione organizzata in tribù; viceversa possiamo accettare «le túatha», ma come sostantivo, non come nome proprio. Alternativamente, è da evitare «i Danann», come se Danann fosse il nome collettivo della popolazione, e non il presunto genitivo del nome *Danu. Se non come sostantivo, possiamo tuttavia accettare danann come aggettivo: è una soluzione inelegante ma in fondo giustificata per mancanza di termini appropriati.

È allora preferibile scrivere ogni volta il nome per intero: Túatha Dé Danann. E se proprio chi scrive non ha la pazienza necessaria per trascinarsi dietro questo etnonimo così complesso, allora sono preferibili le dizioni Túatha Dé, le «tribù della dea (degli dèi)», o Fir Déa, gli «uomini della dea». Infine bisogna notare che, a rigore, l'etnonimo va al femminile, essendo questo il genere della parola gaelica túath; dunque «le Túatha Dé Danann» e non «i Túatha Dé Danann». D'altronde anche in italiano diremmo, senza alcun problema, «le Tribù degli dèi di Danann». L'uso del maschile è invalso dal fatto che la maggior parte delle traduzione nella nostra lingua sono passate attraverso l'inglese, lingua dove l'articolo the mantiene la sua ambiguità di genere. In questo sito utilizziamo senza problemi il corretto genere femminile e ci rifiutiamo di accodarci al discutibile uso invalso nella letteratura italiana di considerare maschili le Túatha Dé Danann.

Storia e Analisi

II - CHI ERANO LE TÚATHA DÉ DANANN?

Il poeta W. Butler Yeats, parlando dei Túatha Dé Danann, fornisce tre risposte sulla loro identità:

Chi sono costoro? «Angeli caduti che non erano abbastanza buoni da essere salvati, né abbastanza cattivi da essere cancellati» dicono i contadini. «Gli dèi della terra» dice il Libro di Armagh. «Gli dèi dell'Irlanda pagana» dicono alcuni studiosi di storia, «gli dèi delle Túatha Dé Danann, che, quando non furono più venerati e nutriti con le offerte, si rimpicciolirono secondo l'immaginazione popolare, e ora sono alti solo poche spanne». [...]. Non pensate tuttavia che le fate siano sempre piccole. Nel loro mondo tutto è capriccioso, anche la loro statura.

W.B. Yeats: Irish Fairy and Folk Tales

Le risposte di Yeats testimoniano, se mai ce ne fosse bisogno, il singolare rapporto che gli Irlandesi hanno sempre avuto con la loro storia mitica. I monaci medievali che trascrissero le antiche leggende preferirono evemerizzarle e inserirle in un quadro classico-cristiano piuttosto che gabellarle in blocco come menzogne o favole, col risultato che, ancora ai tempi di Céitinn, nel XVIII secolo, si tracciavano genealogie e annali storici che comprendevano tanto i Clanna Nemid quanto le Túatha Dé Danann.

Ma anche se trattati in un quadro storico, inseriti in una genealogia che li riconduce ai figli di Nóe, le Túatha Dé Danann si staccano prepotentemente, per la loro natura superiore, per le loro conoscenze e i loro poteri, dai normali esseri umani. I personaggi principali delle Túatha Dé Danann, anche se non sono espressamente definiti come divinità, hanno infatti caratteristiche che li elevano al di sopra dei comuni mortali. E per quanto i copisti si siano sforzati di ridurli alla stregua di qualche antica popolazione preistorica, non sono riusciti a cancellare del tutto la loro natura divina.

Perché gli eroi delle Túatha Dé Danann furono gli antichi dèi dell'Irlanda celtica. Su questo non vi è alcun dubbio. Non solo è possibile tracciare molte omologie tra le gesta delle Túatha Dé Danann e quella degli dèi di molte altre mitologie indoeuropee, ma è anche evidente che molti nomi e personaggi che troviamo tra le Túatha Dé Danann li avevamo già trovati nell'epigrafia e nell'iconografia monumentale gallo-romana, rendendo palesi molte delle dinamiche che guidano il processo di trasformazione dei miti nel corso della storia.

Si analizzeranno i vari personaggi passo per passo, ma qui non sarà sbagliato dare una visione d'insieme delle principali corrispondenze e analogie tra gli dèi irlandesi e le divinità galliche:

Il Dagda Mór è probabilmente il Dio col mazzuolo, il gallico Sucellos.
Lúg Samildánach è senza dubbio il Mercurius di cui parla Cesare, «inventore di ogni arte».
Núada Aircetlám lo avevamo ritrovato in Britannia nel nome del dio Nodons.
Mídir è il Medros gallico.
Ogma è l'Ogmios gallico.
Goibniu è il Gobannicnos gallico.
Brígit è la Brigindona gallica e la Brigantia britannica.
Némain è la Nemetona gallico-britannica.
Badb Chatha è la Cathobodua gallica.

III - DAI «TRE DÈI DI DANANN» ALLE «TRIBÙ DEGLI DÈI DI DANANN»

Molte ipotesi si sono intrecciate, dal Medioevo al Seicento, fino ai giorni nostri, per spiegare l'origine e il significato dell'etnonimo Túatha Dé Danann.

Nel Lebor Gabála Érenn, il «Libro delle invasioni di Ériu», la nostra più antica fonte riguardante le Túatha Dé Danann, si fa riferimento a un gruppo di tre giovani i quali, a quanto pare, furono gli originari detentori del titolo di «dèi di Danann». Si chiamavano Brian, Iuchar e Iucharba, ed erano i tre figli che una certa Danann aveva avuto da una relazione incestuosa intrecciata col suo stesso padre, Delbáeth Tuirill Bícreo. 

I sei figli di Delbáeth figlio di Ogma figlio di Elatha figlio di Delbáeth figlio di Nét furono Fíachra, Ollam, Innui, Brian, Iucharba e Iuchar. Danann, la figlia dello stesso Delbáeth, fu madre degli ultimi tre, Brian, Iucharba e Iuchar. Questi furono i tre dèi di Danann [Trí Dée Danann] dai quali si chiama la montagna dei Tre Dèi. E quel Delbáeth aveva nome Tuirell Bícreo.

Lebor Gabála Érenn [64]

A questa Danann fa riferimento anche un'anonima composizione gnomica inclusa nel Lebor Gabála Érenn [64], un cui verso accenna a «Danann madre degli dèi» [Danann máthair na ndée]; è evidente che il verso si riferisce soltanto ai «tre dèi di Danann», anche se ovviamente un lettore moderno con diverse aspettative potrebbe leggervi un riferimento a una «madre di tutti gli dèi».

Seathrún Céitinn (Geoffrey Keating), nei suoi Foras feasa ar Éirinn, ci spiega che i tre figli di Danann vennero scambiati per divinità dalla gente semplice, per via della loro eccellenza «nelle arti pagane» [i gcéardaibh geintlidhe], e per questo vennero chiamati Trí Dée Danann, i «tre dèi di Danann». Secondo Céitinn, la fama dei tre figli di Danann crebbe a tal punto che l'intero popolo a cui essi appartenevano cominciò a farsi chiamare Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di Danann».

Elcuni eruditi dicono che è dai tre figli di Danann figlia di Delbáeth che le Túatha Dé Danann presero il loro nome, e cioè Brian, Iuchar e Iucharba, i tre figli di Delbáeth figlio di Elatha figlio di [Delbáeth figlio di] Nét figlio di Innui figlio di Allui figlio di Tat figlio di Tabarn figlio di Enna figlio di Báth figlio di Ibáth figlio di Beothach figlio di Iarbonel Fáid figlio di Nemed. La ragione è che i suddetti tre erano così esperti nelle arti pagane, che quelle tribù con le quali vivevano li chiamavano dèi, tanto che presero nome proprio da loro. In questi versi è attestato che questi tre furono i tre dèi di Danann [Trí Dé Danann], come dice anche quel poema che inizia con le parole, «Ascoltate, o voi istruiti senza biasimo»...

Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [II: 10]

Ma questa spiegazione, che Céitinn ha tratto da quanto si afferma nel Lebor Gabála Érenn, non è che un'etimologia popolare con la quale gli stessi redattori medievali tentarono di spiegare l'etnonimo Túatha Dé Danann, di cui non comprendevano il significato. Ma nemmeno questa spiegazione è pienamente convincente: poiché Dé è un genitivo singolare, bisognerebbe intendere l'etnonimo come «tribù del dio di Danann», espressione che nel contesto dei «tre dèi» non ha molto senso.

Dopo aver riferito quanto detto sopra, Céitinn riporta il passo di un poema gnomico di Flánn Mainstrech, anch'esso tratto dal Lebor Gabála, di cui evidentemente costituiva una fonte non trascurabile.

Brian, Iucharba e Iuchar,
tre dèi delle Túatha Dé Danann;
furono uccisi a Mana sopra il gran mare
per mano di Lúg figlio di Ethné.

Flánn Mainstrech: «Ascoltate, o voi istruiti senza biasimo...» [19]
in: Lebor Gabála Érenn [64]
in: Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [II: 10]

Si noti che Brian, Iuchar e Iucharba, i «tre dèi di Danann» [Trí Dée Danann], nel poema di Flánn Mainstrech sono chiamati, con piccola ma significativa variazione di significato, i «tre dèi dei Túatha Dé Danann» [Trí dée Túaithe Dé Danann]. Potrebbe essere un residuo del rapporto originario che intercorreva tra i «tre dèi» e le tribù nel loro complesso: difficile dire da quali basi si sia sviluppato il complesso di significati che ha portato all'affermazione di un etnonimo problematico come Túatha Dé Danann.

Ma Céitinn fornisce anche un'altra origine del nome delle Túatha Dé Danann:

Altri dicono che è per questo che essi vennero definiti Túatha Dé Danann, e cioè che erano divisi in tre classi quando invasero Ériu. La prima classe, detta Túath, consisteva nei ranghi della nobiltà e nei capi delle tribù [...]. La seconda classe, detta Dé, comprendeva i druidi, tra cui coloro di cui abbiamo parlato, i cosiddetti «tre dèi di Danann». Costoro erano chiamati «dèi» per via delle loro arti meravigliose. La terza classe, detta Danann, era costituita dagli artigiani, in quanto dán vuol dire «artigianato».

Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [II: 10]

Céitinn scinde l'etnonimo nei suoi tre termini, dando a ciascuno un'etimologia indipendente, dove Túath «tribù» si riferisce ai capi e ai condottieri del popolo; Dé «divinità» alla classe sacerdotale, composta dai druidi e dai sapienti (tra cui Céitinn annovera anche i «tre dèi»); e Danann all'áes dána, la «gente dell'arte» ovvero l'insieme degli artigiani, degli artisti e dei musici della tribù. Anche se si tratta ancora una volta di un'etimologia popolare, la spiegazione di Céitinn ha il pregio di far risaltare una sorta di tripartizione funzionale à la Dumézil: i nobili e i condottieri esemplificano la regalità guerriera (seconda funzione), i druidi la funzione magico-sacrale (prima funzione), la gente dell'arte le attività economico-creative (terza funzione). Come abbiamo detto altrove, trattando delle dinamiche interne del Ciclo delle Invasioni, nelle Túatha Dé Danann si costituisce il primo gruppo funzionalmente completo della civiltà irlandese [VEDI]: Céitinn non poteva sottolineare più opportunamente i singoli costituenti di questa mitica popolazione.

Quello che invece sembra probabile agli studiosi moderni, è che il significato originale del nome Túatha Dé Danann non abbia mai avuto nulla a che vedere con una dea *Danu o Danann; certamente l'etnonimo va anche considerato come unitario e non come convergenza di tre termini distinti. È anche improbabile, del resto, che Túatha Dé Danann stato originariamente un teonimo: non ci sono precedenti nelle tradizioni indoeuropee per divinità o gruppi di divinità a cui ci si riferisca con un termine di questo tipo. Infine bisogna sottolineare che molti dei popoli mitologici trattati nel Lebor Gabála Érenn sono in realtà gruppi etnici storici. È il caso dei Fir Bolg, dei Fir Domnann e dei Galeóin, i cui etnonimi sono spiegati nei testi antichi con etimologie popolari quali «uomini sacco», «uomini che scavavano la terra» e «[uomini] armati di lancia», ma noi sappiamo che in realtà essi nascondono i nomi tre popolazioni celtiche: i Belgi, i Dumnoni e i Galli. E si noti ancora che gli stessi Dumnoni sembrano ricomparire nel patronimico del capo fomóir Indech mac Dé Domnann, dove il genitivo Dé Domnann è attestato nella medesima costruzione in «Dé» di Dé Danann (ed anche qui i primi studiosi ricostruirono un nominativo *Domnu, ipotizzando che si trattasse di una dea delle tenebre e della morte, madre dei Fomóire).

Non è dunque irragionevole supporre che le Túatha Dé Danann siano state anch'esse un gruppo etnico della preistoria irlandese, magari un popolo che adorava in origine una dea chiamata Danann, oppure legato originariamente a qualche corso d'acqua od a una terra bagnata da un fiume (se fosse verificata la provenienza da un protoceltico *dānu «fiume»). Quello che è certo è che non furono i compilatori del Lebor Gabála ad applicare per primi questo nome alle figure basate sulle antiche divinità celtiche: Túatha Dé Danann è un etnonimo troppo profondamente radicato nella letteratura irlandese e nelle tradizioni popolari per essere stato inventato nel Medioevo. Può essere stato in uso per alcuni secoli a indicare un popolo magico, di cui si conservava qualche vago ricordo risalente a tempi remoti, a cui venivano ascritte tutte le inesplicabili costruzioni megalitiche del paesaggio irlandese, così come il folklore francese per secoli ha indiscriminatamente fatto risalire tutte le antiche rovine ai «Romani» o ai «Saraceni». I costruttori dei tumuli, gli innalzatori dei cairn, sarebbero stati immaginati con tratti divini, riducendo antiche divinità al rango di mortali con magici poteri. L'associazione delle Túatha Dé Danann con gli antichi tumuli funerari e le colline magiche [síde] possono averli fatti concepire insieme come creature soprannaturali e antenati degli esseri umani. (Kondratiev 1998)

IV - L'IPOTETICA DEA *DANU

Si ipotizza che il nome *Danu derivi da una radice indoeuropea *DĀ- «fiume, corrente» (cfr. sanscrito dānu «fluido, goccia», avestico dānu «fiume», ossetico don «fiume»; cfr. i nomi dei fiumi Don, Dnepr e Dnestr). Che questa radice fosse conosciuta in ambito celtico, lo testimoniano il nome del fiume Danuvius «Danubio» (< celtico *Dānwjo) e il gallico condate «confluenza». A partire da questa radice, si è voluto intendere il nome *Danu relato a significati tipo «terra bassa, terra umida», interpretando *Danu come una dea della terra, della fertilità o delle acque fluviali.

Sottolineiamo innanzitutto che il nome *Danu non è attestato in nessuna antica fonte irlandese: è stato creato dagli studiosi dell'Ottocento per spiegare il termine Danann presente nell'etnonimo Túatha Dé Danann. Essi assunsero che Danann fosse il genitivo di un nome proprio e ne ricostruirono la forma al nominativo *Danu, prendendo a modello dei termini che presentavano la medesima declinazione, quale Ériu «Irlanda», che al genitivo dà Érenn.

La dea *Danu rappresenta un motivo di forte perplessità presso gli studiosi di mitologia, i quali si trovano spesso costretti a farsi largo attraverso le maglie di un fatidioso preconcetto secondo la quale essa sarebbe stata una sorte di dea primordiale della terra, antenata e madre deille Túatha Dé Danann, etnonimo inteso in tal caso come «Tribù della dea Danu». Il fatto che le Túatha Dé Danann sembrino riconoscere *Danu come divinità clanica della loro stirpe ha addirittura fatto ritenere che il più antico nucleo della religione irlandese fosse di tipo matriarcale, anche considerando il ruolo particolarmente importante che le donne rivestivano all'interno della società celtica.

L'origine di questo preconcetto va cercata in certe pubblicazioni dell'epoca vittoriana ed edoardiana, i cui autori, che erano di lingua inglese e spesso carenti per quanto riguardava la lingua e la letteratura gaelica, provvidero a divulgare il materiale caotico e contraddittorio dei manoscritti irlandesi e gallesi – le cui traduzioni cominciavano ad apparire proprio allora sulle riviste specializzate – mettendolo in una forma accessibile a un pubblico non specializzato. Questi autori riferirono le ipotesi degli studiosi sul significato dei miti e la natura dei personaggi, senza però entrare nei dettagli o senza indicare le riserve che gli studiosi avevano avanzato circa le loro conclusioni.

Parallelamente, tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, nell'entusiasmo della riscoperta della cultura celtica, molti scrittori irlandesi presero spunto dal patrimonio mitico del loro paese per le loro opere letterarie; autori del calibro di William Butler Yeats, John Millington Synge, George Russell e Lady Augusta Gregory, piegarono quei miti al proprio gusto artistico e ne trassero romanzi, racconti e drammi teatrali ancora oggi apprezzati in tutto il mondo anglosassone. Questi autori erano nutriti di romanticismo e rilessero i racconti tradizionali irlandesi secondo il gusto e le idee letterarie dell'epoca. Le opere del Celtic Revival furono indubbiamente sincere in quanto a entusiasmo e patriottismo, ma le necessità estetiche venivano anteposte allo scrupolo filologico.

In molti di questi libri, alcuni dei quali vengono regolarmente ristampati, gli eroi dei Túatha Dé Danann sono presentati senza ambiguità come i discendenti di una dea chiamata *Danu, senza alcun accenno al fatto che tale dea esisteva soltanto nelle ipotesi degli studiosi. Scriveva Charles Squire: «La divinità più antica di cui sappiamo qualcosa è Danu, la dea da cui tutti gli dèi presero il nome di Túatha Dé Danann [...]. Danu rappresentava probabilmente la terra e la sua fertilità, e bisognerebbe paragonarla alla greca Demetra. Tutti gli altri dèi sono, o quanto meno vengono chiamati, suoi figli» (Squire 1911). E T.W. Rolleston: «La più importante delle dee danaan [sic] era Danu, madre di tutti gli dèi irlandesi [...]. Era figlia del Dagda [!] e, come lui, associata all'idea della fertilità e dell'abbondanza» (Rolleston 1914).

Le pubblicazioni successive non hanno fatto che rafforzare questa visione posticcia di *Danu, fissandola nella memoria degli appassionati come la dea della terra, madre delle Túatha Dé Danann. Buona parte della saggistica del Novecento ha risentito di questa interpretazione fuorviante. Era tale l'importanza che si attribuiva a questa grande dea *Danu, che persino uno studioso attento come John MacCulloch arrivò a sostenere che tutte le divinità femminili presenti nell'epica irlandese non erano che aspetti di *Danu nelle sue molteplici facce; ella sarebbe stata la tipica dea della fecondità, animale e vegetale, poi trasformata in divinità ipoctonia, regina degli inferi e delle forze sotterranee che presiedevano alla vegetazione (MacCulloch 1911). Seppur con prudenza, De Vries riteneva *Danu un'antichissima divinità pre-indoeuropea, della quale ipotizzava un collegamento con la madre universale Aditi della mitologia indiana (De Vries 1961). Nel loro recente dizionario, Sylvia e Paul Botheroyd definiscono *Danu il prototipo di ogni rapporto di forze che crea, nutre e fa prosperare le creature viventi e la descrivono come una dea dal carattere ambivalente, tanto benigno quanto maligno, simile all'indiana Kalī (Botheroyd & Botheroyd 1992-1996). Peter Berresford Ellis, nella sua discutibile riscrittura dei miti celtici, finisce addirittura per definire *Danu come la personificazione delle acque primordiali, facendone una sorta dea eponima del fiume Danubio (Berresford-Ellis 1999).

Negli ultimissimi anni, la musica folk irlandese e i romanzi di Tolkien hanno veicolato l'interesse delle giovani generazioni verso la materia celtica e l'editoria si è sbizzarrita a fornire un gran numero di pubblicazioni sulla mitologia e sul folklore irlandesi, anche se poi per la maggior parte dei casi si tratta di libri o articoli dallo spessore inconsistente, privi di senso critico e spesso di chiara ispirazione new age. Il proliferare di culti neopagani e di pubblicazioni amatoriali, soprattutto in internet, hanno contributo ancora di più a diffondere un'immagine deformata della spiritualità celtica, addirittura attribuendo alla dea *Danu ruoli in miti della creazione che semplicemente non esistono.

V - CHI ERA DANANN?

Nel Libro delle invasioni d'Irlanda, l'unica figura che sembra avere una relazione con il nome delle Túatha Dé Danann, è appunto Danann, figlia di Delbáeth Tuirill Bícreo, madre di Brian, Iuchar e Iucharba. Non dunque una dea madre universale, antenata delle stirpi divine, ma una semplice donna inserita in un punto assolutamente ordinario nella genealogia delle Túatha Dé Danann.

I sei figli di Delbáeth figlio di Ogma figlio di Elatha figlio di Delbáeth figlio di Nét furono Fíachra, Ollam, Innui, Brian, Iucharba e Iuchar. Danann, la figlia dello stesso Delbáeth, fu madre degli ultimi tre, Brian, Iucharba e Iuchar. Questi furono i tre dèi di Danann [Trí Dée Danann] dai quali si chiama la Montagna dei Tre Dèi. E quel Delbáeth aveva nome Tuirell Bícreo.

Lebor Gabála Érenn [64]

Ma chi era Danann? Le fonti sono molto laconiche su di lei, anche se – al contrario dell'ipotetica *Danu – Danann è esplicitamente attestata nelle fonti. Era figlia di Delbáeth Tuirill Bícreo e aveva avuto i suoi tre figli da una relazione incestuosa col proprio padre, ma a parte questo, di Danann non sappiamo altro. Il suo nome presenta la medesima forma al nominativo e al genitivo, una declinazione così irregolare da far supporre che anche Danann sia una figura inventata a posteriori – dai redattori medievali del Lebor Gabála – per spiegare il problematico genitivo presente in Túatha Dé Danann. (Si noti che nei testi più recenti il nome Danann viene flesso al genitivo Danainne, secondo lo schema della seconda declinazione.)

Flánn Mainstrech, nel poema riportato nel Lebor Gabála e citato da Céitinn, riferisce un mito a noi sconosciuto, dal quale si può presupporre che la figura di Danann avesse avuto in origine un certo spessore:

Bé Chuill e Danann adorata,
le due proprietarie terriere furono uccise
una sera, infine, con stregonerie druidiche,
dai pallidi dèmoni dell'aria.

Flánn Mainstrech: «Ascoltate, o voi istruiti senza biasimo...» [19]
in: Lebor Gabála Érenn [64]
in: Seathrún Céitinn [Geoffrey Keating]: Foras feasa ar Éirinn [II: 10]

La medesima coppia è citata in un altro passo del Lebor Gabála Érenn, anche se qui è formata da Bé Chuill e Dínann (non Danann). Esse sono menzionate come le «proprietarie terriere» [bantuathaig] delle Túatha Dé Danann. Poche righe più sotto, nello stesso testo, si dice che Aircdan, Bé Chuill, Dínann e Bé Theite erano quattro sorelle, figlie di Flídais (Lebor Gabála [62]).

Bé Chuill e Dínann ricompaiono, sempre in coppia, in un importante un passo del Cath Maige Tuired, dove Lúg chiede loro quale contributo daranno allo scontro contro i Fomóire:

«E tu, Bé Chuill, e tu, Dínann», disse Lúg alle due streghe, «cosa potrete fare nella battaglia?»
«Non è difficile», dissero. «Faremo un sortilegio agli alberi, alle pietre e alle zolle, in modo che diventino schiere di armati e i Fomóire fuggano terrorizzati e tremanti.»
Cath Maige Tuired [116]

Ci si può chiedere perché, nel Cath Maige Tuired, Bé Chuill e Dínann siano definite bantuathaid «streghe», mentre il Lebor Gabála Érenn e Flánn Mainstrech le chiamavano bantuathaig «proprietarie terriere», e quale delle due espressioni sia quella originale. Non lo sappiamo. Non è nemmeno chiaro se Dínann vada identificata con Danann. È possibile che Dínann sia stata una figura originariamente indipendente che si sia in seguito trasformata in Danann su influenza dell'incomprensibile genitivo presente nel nome delle Túatha Dé Danann.

La conclusione è che non vi è alcun bisogno di ipotizzare una dea *Danu, quale madre progenitrice della stirpe delle Túatha Dé Danann. Le fonti citano piuttosto Danann figlia di Delbáeth Tuirill Bícreo, che dall'unione col proprio padre aveva dato alla luce tre figli: Brian, Iuchar e Iucharba, i cosiddetti Trí Dé Danann «tre dèi di Danann», le cui abilità furono così grandi e vaste che da essi presero il nome le Túatha Dé Danann, le «tribù degli dèi di Danann». Che anche questa sia un'etimologia costruita a posteriori è altrettanto certo, ma almeno è quella riferita dalle fonti. Potrà naturalmente sembrare un'etimologia poco convincente per spiegare la denominazione di quegli esseri soprannaturali, potenti e onnipresenti, che le fonti e il folklore irlandese conoscono come Túatha Dé Danann, e forse gli appassionati sono giustificati se pretendono che tale etnonimo debba avere un'origine più importante. È indubbio che i redattori dei testi medievali provvidero a spostare e modificare le genealogie mitiche per adattarle a quelle bibliche e che, quindi, qualcosa è andato perduto; è certamente possibile che la spiegazione esemplificata da Keating – tratta dal Lebor Gabála Érenn – sul nome delle Túatha Dé Danann, sia solo una pezza messa su a spiegare un termine poco chiaro, laddove l'antica tradizione era stata dimenticata.

VI - I DUE SENI DI ANU

A sud-est di Killarney, nel distretto Luachair Deaghaidh (Contea di Kerry), nel Munster, si possono ammirare due colline gemelle, alte poco meno di settecento metri, il cui profilo suggerisce la curva dei seni di una donna supina, il cui corpo sia la terra stessa. L'effetto è accentuato da due cairn che si levano sulle cime delle colline, a imitazione dei capezzoli. Questo fu il sito di una delle più famose imprese giovanili di Finn mac Cumaill, la vittoria sulla donna del Síd Brég Éle, ed è riconosciuto come un luogo di grande importanza nelle più antiche fonti scritte.

Le due colline sono chiamate in medio irlandese Dá chích nÁnann (in ortografia moderna Dá chíoche hÁnann), i «due seni di Anu», supponendo che Ánann sia – come già Danann – il genitivo di un nome il cui nominativo sia Anu. In questo caso, però, una dea chiamata Ana/Anu è esplicitamente attestata in una fonte antica e precisamente nel Sanas di Cormac Mac Culennáin, dove è definita mater deourum hibernensium ed è descritta come la «nutrice degli dèi» (MacCulloch 1911). 

Ana. Madre degli dèi irlandesi. Fu la nutrice degli dèi, dal cui nome viene la parola anæ, «abbondanza»; da lei hanno preso nome le Dá chích nÁnann, i «due seni di Ana», ad ovest di Luachair, come si narra.
Cormac Mac Culennáin: Sanas Cormaic [31]

Lo stesso Cormac mette in relazione il nome della dea con la parola ana «abbondanza». Non ha torto: questa Ana/Anu è probabilmente l'esito celtico insulare di una dea indoeuropeadell'abbondanza, rappresentata a Roma da Anna Perenna, ma testimoniata fin nella lontana India, dove compare come Annapurṇa. Nel Lebor Gabála Érenn [62], la dea a cui sono associate le Dá chích nÁnann è invece chiamata Ánann al nominativo e al genitivo, esattamente lo stesso trattamento tributato a Danann.

La letteratura divulgativa presume che Anu non sia che un aspetto locale della medesima dea *Danu. Nei loro testi, Charles Squire e T.W. Rolleston tratteggiano l'aspetto e il carattere della dea *Danu dando per scontata la sua identificazione con Anu, tant'è vero che proprio a *Danu attribuiscono la citazione di Cormac (Squire 1911, Rolleston 1914). Tale identificazione non ha fatto che rafforzare l'idea che *Danu sia stata una dea della terra, «madre» delle Túatha Dé Danann.

Ma cosa c'è di vero? Anu e *Danu sono figure identificabili l'una con l'altra?

L'identificazione tra Anu e *Danu risale a Seathrún Céitinn, il quale, nei suoi Foras feasa ar Éirinn, associò le due colline del Munster – sua provincia nativa – a Danann, la madre di quei «tre dèi» (Brian, Iucharba e Iuchar) i quali, avendo raggiunto grande perfezione nelle arti pagane, avevano esteso il loro nome a tutte le Túatha Dé Danann. Egli scrive: 

È da Danann, che fu madre di questi tre, che sono chiamate i «due seni di Danann» le due colline che sono in Luachair Deaghaidh nel Desmond.

Foras feasa ar Éirinn

La scelta ortografica di Keating, Danann invece di Ánann, ha fatto supporre a molti studiosi che si tratti di due varianti del nome dello stesso personaggio e che la seconda forma sia derivata dalla prima. La forma Dhánann risulta dalle lenizione della consonante iniziale del genitivo femminile Danann, un fenomeno tipico della fonetica celtica, che l'irlandese segna ortograficamente trasformando d in dh. Nella moderna pronuncia irlandese, la consonante lenita dh suona come una fricativa velare sonora [Ɣ]. Cadendo dopo la fricativa velare sorda ch [x] di chích, la sonora tende a venire assimilata e Dhánann può pronunciarsi come Ánann. Questa potrebbe essere, sempre ammettendo che si stia parlando di una stessa divinità, una facile soluzione al problema della doppia forma del nome, dove Ánann sarebbe semplicemente una forma corrotta di Danann.

Ma sorge una difficoltà: nella pronuncia dell'irlandese medievale, la consonante lenita dh era una fricativa interdentale [ð], suono che non veniva facilmente assimilato. Dunque il nome delle due colline è già Dá chích nÁnann nelle fonti più antiche, da cui la conclusione che Danann è la forma secondaria e non quella primaria, o, per meglio dire, l'associazione tra Danann e Ánann è posteriore e priva di un fondamento concreto.

Non si può nemmeno invocare, a prova dell'identificazione delle due divinità, il presunto parallelismo tra le due doppie forme Anu/Ánann e *Danu/Danann, in quanto, paradossalmente, è stato proprio a partire da tale identificazione – giustificata da Keating – che gli studiosi dell'Ottocento hanno artificialmente creato il parallelismo. Poiché al genitivo Ánann, attestato nel Lebor Gabála Érenn, corrispondevano, nelle lezioni del Sanas Cormaic, le forme di nominativo Ana, Anu e Anann, gli studiosi si sentirono giustificati se, a partire dal genitivo Danann, crearono secondo lo stesso schema un nominativo *Danu. In questa ricostruzione non si tenne conto che nel Lebor Gabála sia Ánann che Danann presentano la medesima forma sia al nominativo che al genitivo.

Altro dettaglio importante, il Lebor Gabála distingue Ánann e Danann presentandoli come due personaggi distinti. In particolare, Ánann, la dea a cui sono associate le Dá chích nÁnann, è detta figlia di Ernmass: 

...Badb e Macha e Ánann, da cui sono chiamati i due «due seni di Ánann», furono le tre figlie di Ernmass, la proprietaria terriera [bantuathach].

Lebor Gabála Érenn [62]

Poiché sappiamo che le tre figlie di Ernmass erano Badb Chatha e Macha e Mórrígan, le tre furie guerriere, ne consegue che Ánann vada identificata piuttosto con la Mórrígan. Tale identificazione è esplicitamente formalizzata in un altro passo dello stesso testo, dove si dice che...

...Ernmass aveva altre tre figlie, Badb Chatha e Macha e Mórrígan, il cui altro nome era Ánann.

Lebor Gabála Érenn [64]

Si hanno quindi tutte le ragioni per identificare Anu/Ánann con Mórrígan, e nessuna (a parte il lapsus di Keating) per identificarla con Danann. Inoltre, l'identificazione tra la Mórrígan e Anu/Ánann potrebbe spiegare la figura, ben conosciuta agli appassionati di folklore, della Black Annis, la strega che, nelle credenze popolari dei Leicestershire, dimorava in una caverna delle Dane Hills, da cui ne usciva per dimorare le sue vittime. Nelle Lowlands scozzesi prevale l'aspetto gentile: ella compare infatti come Gentle Annie, una dolce figura femminile che ha potere sulle tempeste. Sul continente, il Cristianesimo sembra aver assorbito questa antica figura, identificandola con Anna madre di Maria e nonna di Gesù. Il culto di Sant'Anna sembra essere stato molto sentito e diffuso nella Bretagna medievale (Botheroyd & Botheroyd 1992-1996). D'altronde, gli studiosi hanno anche additato la figura di Anna, sorella di Artù nella Historia Brittonum di Goffredo di Monmouth. Poiché nei testi più recenti la sorella di Artù porta il nome assai più popolare di Morgana (tardo esito letterario di una figura evidentemente omologa alla Mórrígan irlandese), si può facilmente ravvisare la notizia del Lebor Gabála Érenn secondo cui l'altro nome della Mórrígan era proprio Ánann.

È probabile, dunque, che Anu/Ánann e Danann fossero in origine due divinità completamente diverse, di cui la prima sarebbe stata una sorta di dea madre, legata all'abbondanza e al nutrimento, mentre l'altra venne probabilmente creata dai primi antiquari medievali, forse a partire dalla figura della Dínann, compagna di Bé Chuill, allo scopo di fornire una spiegazione al nome delle Túatha Dé Danann. Nonostante Ánann e Danann presentino lo stesso inconsueto modello di declinazione (nominativo uguale al genitivo, da cui l'ipotesi che uno dei due nomi sia stato costruito sul modello dell'altro), il Lebor Gabála Érenn distingue chiaramente Ánann e Danann; è Keating, a quanto ne sappiamo, il primo a identificarle, nel XVII secolo. Ma è solo dall'Ottocento che, su imitazione dell'alternanza Anu/Ánann, verrà ricostruito, a partire dal nome di Danann, un presunto nominativo in *Danu. E questo nome verrà attribuito a un'ipotetica dea che – in base all'identificazione suggerita da Keating con Anu/Ánann – sarà gabellata come una dea della terra, divina madre e nutrice delle Túatha Dé Danann.

VII - LE TÚATHA DÉ DANANN E I FOMÓIRE

Uno dei più grossi scogli su cui gli interpreti del mito irlandese sono andati a infrangersi, è il fatto che l'albero genealogico delle Túatha Dé Danann è strettamente avvinto a quello fomóir. Già ai primi del Novecento, John MacCulloch avvertiva che nelle genealogie «i Fomóire e le Túatha Dé Danann sono mescolati in modo inestricabile» (MacCulloch 1911). Ma poiché il Ciclo delle Invasioni ci fornisce un'immagine dei Fomóire quali deformi e grotteschi avversari dei popoli invasori di Ériu, a molti autori è sempre sembrato assai strano trovarli a far parte integrante della genealogia dei nobili e alteri eroi delle Túatha Dé Danann.

Sia il Lebor Gabála Érenn che i Foras feasa ar Éirinn trattano nei dettagli queste complesse genealogie, da cui risulta che gli alberi genealogici dei Fomóire e delle Túatha Dé Danann sono veramente, strettamente, inesorabilmente intrecciati. Questi testi enumerano Dagda Ogma e Bress tra i figli di Elatha mac Delbáeth, re dei Fomóire. Le genealogie ci informano che Elatha era di discendenza nemediana, essendo figlio di Delbáeth figlio di Nét figlio di Innui figlio di Allui figlio di Tat, quello stesso Tat che è detto pure progenitore delle Túatha Dé Danann. Secondo queste genealogie lo stesso Balor, il campione dei Fomóire nella seconda battaglia di Mag Tuired, è figlio di Dót figlio di Nét, e quindi non soltanto nonno di Lúg, ma zio alla lontana di Dagda e di Ogma, e antenato di tutti i più famosi nomi danann.

Tali difficoltà hanno portato molti autori che si occupano di mitologia a ignorare questi strani legami di sangue. Si ammette senza problemi che il malvagio Bress sia figlio di Elatha e che il fulgido Lúg sia nipote di Balor, anche perché l'intera trama del Cath Maige Tuired si regge su queste due scomode parentele, ma di solito i compilatori dei dizionari mitologici separano nettamente i Fomóire dalle Túatha Dé Danann.

La soluzione a questa apparente incongruenza in realtà è molto più semplice di quanto non appaia a prima vista e si trova già nelle prime opere di carattere divulgativo (MacCulloch 1911). La maggior parte dei panthea indoeuropei sono tipicamente strutturati su una serie di due generazioni divine, che a un certo punto finiscono fatalmente per scontrarsi. Che i maggiori esponenti tra le Túatha Dé Danann abbiano legami di parentela con i Fomóire non deve stupire, in quanto, nel mito originale, le Túatha Dé Danann disendevano probabilmente dagli stessi Fomóire, così come in Grecia la generazione olimpica deriva da quella titanica, o in India i Deva sono legati agli antichi Asura. È la stessa distinzione che, con qualche cautela, può essere fatta risalire all'antichità mesopotamica, nel confronto tra gli antichi dèi Anunnaki e i più giovani dèi Igigi.

Gli eroi delle Túatha Dé Danann erano stati in origine gli dèi dei Celti d'Irlanda. E quegli stessi monaci che ci tramandarono gli antichi miti irlandesi, provvidero a innestare le genealogie divine, così come risultavano dai miti teogonici, sul tronco delle genealogie bibliche. Essi fecero sì che le Túatha Dé Danann finissero per discendere da Iafeth figlio di Nóe, in modo che le antiche teogonie divenissero compatibili con il «catalogo dei popoli» della Genesi.

L'albero genealogico delle Túatha Dé Danann, che qui riportiamo, è stato disegnato a partire dalle informazioni fornite dal Lebor Gabála Érenn (XI-XII secolo) e dai Foras feasa ar Éirinn (XVII secolo), con l'aggiunta di qualche notizia desunta dal Cath Maige Tuired. Per semplicità sono state perlopiù considerate soltanto le ascendenze paterne e non si è distinto tra nomi danann e fomóire.


VIII - I QUATTRO TESORI: ANALISI FUNZIONALE E OMOLOGIE

La pietra, la lancia e la spada, e il calderone inesauribile simboleggiano probabilmente gli aspetti principali della regalità secondo le concezioni irlandesi; la legittimità, la forza marziale e la generosità, o, per vederla secondo Dumézil, le tre funzioni della tripartizione funzionale degli indoeuropei: sovranità, potere guerriero, fecondità.

La pietra Lía Fáil, la lancia Sleá Bua, la spada Claím Solais e il calderone Coire an Dagdae , questi quattro carismatici oggetti posseduti dalle Túatha Dé Danann, hanno da sempre affascinato i folkloristi, che si sono letteralmente sbizzarriti nel paragonarli, a torto o a ragione, ad altri oggetti similari del mondo celtico. Nell'ambito del ciclo arturiano è possibile ritrovare tutti e quattro questi oggetti, associati al mito del Graal. Il calderone inesauribile è ovviamente lo stesso Graal, descritto più volte come dispensatore di cibo; la spada è la spada spezzata che il nuovo re del Graal deve saper ricomporre (e che prefigura la Excalibur arturiana); la lancia è la lancia di Longinus che compare nel corteo del Graal; in quanto alla pietra la si può ritrovare nel Parzival di Wolfram von Eschenbach, nella magica pietra che annunciava l'arrivo del nuovo re del Graal.

Per completezza d'esposizione, aggiungiamo che alcuni studiosi hanno addirittura suggerito che la pietra, la lancia, la spada e il calderone (o degli archetipi similari) abbiano ispirato i quattro semi delle carte italiane, rispettivamente: denari, bastoni, spade e coppe.

IX - PLANT DÔN: IL PARALLELO CIMRICO

La mitologia gallese ci tramanda, in alcuni dei principali racconti del Mabinogion, la memoria di una stirpe di mitiche figure con tratti di divinità precristiane, definita nel suo complesso Plant Dôn, la «famiglia di Dôn», dove plant corrisponde etimologicamente all'irlandese clan. Tali figure sono funzionalmente simili alle Túatha Dé Danann e probabilmente relate a esse.

Il primo punto da considerare è che l'antenata di questa stirpe è Dôn, nome che si ritiene corradicale con quello della *Danu/Danann irlandese. Inoltre, così come quest'ultima, Dôn non compare mai direttamente nelle narrazioni ma è semplicemente attestata nei matronimici dei personaggi [mab Dôn], in qualità di antenata della Plant Dôn. Nei miti gallesi, la famiglia di Dôn si oppone a un'altra stirpe mitica, la famiglia di Llŷr [Plant Llŷr]. Si ritiene che lo scontro, accennato nei Mabinogion, tra le due mitiche stirpi sia la versione britannica del mito irlandese della seconda battaglia di Mag Tuired, e che entrambi siano gli esiti di un mito originario che vede gli dèi più giovani sconfiggere le divinità della generazione titanica. Peccato che sia il mito irlandese che quello gallese siano stati oggetto di profonde rielaborazioni letterarie, ragione per cui non è molto agevole mettere in correlazione eventi e personaggi.

Nei testi cimrici, sono molti i personaggi che vengono elencati tra i figli di Dôn, ma i più importanti, quelli su cui tutti i testi sono d'accordo, sono soltanto tre: Gwydion, Gofannon, Amaethon, più una donna, Arianrhod. I nomi dei tre uomini, caratterizzati dal suffisso accrescitivo gallese -on, significano rispettivamente «sapientone», «fabbrone», «contadinone». Si tratta, con qualche approssimazione, delle tre funzioni duméziliane: (I) Gwydion, il sapiente stregone, è ovviamente il depositario dell'arte druidica; (II) Gofannon, in qualità di forgeron, lavora il metallo col quale forgia spade e lance, attributi della classe guerriera; (III) Amaethon, il contadino legato alla terra e ai suoi ritmi, provvede al nutrimento e alla produzione della ricchezza. Tutti e tre insieme, questi personaggi coprono, grazie alle loro arti e capacità, l'intero spettro funzionale. Si può pensare alla distinzione in tre classi sociali che Céitinn ravvisa nelle Túatha Dé Danann, e a cui attribuisce l'origine del loro nome.

Forse i tre figli di Dôn potrebbero venire associati ai «tre dèi di Danann» [Trí Dé Danann], i quali, come sappiamo, erano così versati nelle arti pagane che le Túatha Dé Danann li chiamarono «dèi» e non disdegnarono di prendere nome da essi.

Peccato che i testi irlandesi non siano molto chiari su quali fossero effettivamente le capacità che distinguessero tra loro i «tre dèi di Danann», cioè Brian, Iuchar e Iucharba. Nel tardo Aided chloinne Tuirill vengono presentati soprattutto come valenti guerrieri, pur esperti nelle arti druidiche, in grado di cambiare le proprie sembianze e di trasformarsi in vari animali (Céitinn d'altronde li poneva tutti e tre nella classe druidica). Brian è il leader dei tre, mentre Iuchar e Iucharba seguono fedeli i suoi consigli, pur senza distinguersi l'uno dall'altro. Un'analisi attenta delle due triadi rivela nomi e strutture diverse, così da far pensare che non vi sia, tra i tre figli di Dôn e i tre figli di Danann, una stretta omologia.

Quello che si può ragionevolmente affermare è che, le Túatha Dé Danann irlandesi e la Plant Dôn gallese appartengono probabilmente a un medesimo schema di base, in cui un importante gruppo di divinità aveva al suo centro una triade di fratelli, figli di una sola madre, dotati di grande abilità magica e tecnica. Più di questo purtroppo non si può dire.

X - *DANU E BÍLE, UN FALSO MITO DELLA CREAZIONE

La popolarità della concezione delle Túatha Dé Danann quali discendenti di una dea chiamata *Danu, dimostra quanto certi pregiudizi siano profondamente radicati nelle opinioni di appassionati e studiosi. Un giro in rete rivela quanti siti registrino la presenza di una dea *Danu nel pantheon irlandese, senza contare le sette neopagane che addirittura le tributano dei culti. Analogamente, pur non essendo mai stato tramandato alcun racconto celtico della creazione, può capitare che l'appassionato, sfogliando pubblicazioni poco critiche o semplicemente navigando in internet, si imbatta in suggestive teogonie, spacciate come autentica sapienza celtica.

Un pessimo esempio è dato dal giornalista e scrittore Peter Berresford Ellis che, nei suoi libri, riscrive alcuni miti e fiabe tratte dalle tradizioni dei vari paesi celtici. Nel rinarrare queste antiche storie irlandesi, scozzesi, gallesi, corniche e bretoni, Ellis le rielabora dal punto di vista letterario, in modo da renderle maggiormente appetibili per il lettore moderno. Questo non è un modo di procedere rispettoso della materia, ma perfettamente accettabile in un testo che si prefigge dei semplici intenti divulgativi. Il titolo originale del libro – perduto in traduzione italiana – chiarisce del resto le intenzioni dell'autore: The Chronicles of the Celts: New Tellings of their Myths and Legends.

La riscrittura del mito, specie se condotta con autentica coscienza letteraria, può portare a produrre opere artisticamente valide o, al limite, di buon riscontro commerciale. Nel caso specifico dell'Irlanda, la letteratura d'ispirazione mitologica ha avuto degli illustri predecessori, quali William Butler Yeats e Lady Gregory; oggi abbiamo i best-seller di Marion Zimmer Bradley e Morgan Llewellyn. L'appassionato di mitologia può avvicinarsi a questi romanzi con doppio divertimento, in quanto, oltre a gustarne la lettura, saprà apprezzare i mille modi con cui l'autore ha analizzato, interpretato, rielaborato e perfino tradito il mito originale, per dargli veste e consistenza letteraria.

Il guaio è che Peter Berresford Ellis non distingue chiaramente i limiti tra l'opera divulgativa e quella letteraria: a volte l'invenzione ha la meglio sul racconto tradizionale, ma è difficile, per chi non conosca i testi originali, capire dove e come questo avvenga. Quel che è peggio, Ellis principia il suo libro con un presunto «mito celtico della creazione», da lui inventato di sana pianta. Il lettore purista ci perdonerà se ne riportiamo – a mo' di esempio – la parte iniziale del racconto:

Era il tempo del caos primordiale: un tempo in cui la Terra era nuova e indefinita. Aridi deserti e neri vulcani ribollenti, coperti da nubi turbinanti di gas, segnavano il volto del mondo neonato. Era il tempo del grande vuoto. Allora, dal cielo coperto e oscuro, un rivolo d'acqua penetrò in quell'oblio. Prima una goccia, quindi un'altra e un'altra ancora, e finalmente un copioso torrente d'acqua si riversò a fiotti sulla terra. Dal cielo le divine acque inondarono e intrisero il fango arido, raffreddarono i vulcani che si trasformarono in grigie montagne granitiche e la vita cominciò a fiorire in tutta la terra.
Dal suolo annerito crebbe un albero, alto e forte. Danu, ovvero le divine acque del cielo, nutrì e si prese cura di questo grande albero che divenne la sacra quercia chiamata Bile. Dall'unione di Danu e Bile caddero al suolo due ghiande giganti. La prima era maschile e da essa scaturì il Dagda, il Dio Buono. Il secondo seme era femminile e da essa nacque Brigantu, o Brigit l'Eminente. Il Dagda e Brigit si fissarono reciprocamente con un senso di meraviglia, perché il loro compito era quello di imporre l'ordine a partire dal caos primordiale e di popolare la terra con i figli di Danu, la Dea Madre, le cui acque divine avevano loro dato la vita. 
Così il Dagda e Brigit si stabilirono presso le divine acque di Danu, nel punto in cui queste erano sgorgate fluendo attraverso le verdi valli della Terra, ora fertili, verso est, fino a un mare remoto. Essi chiamarono questo grande e impetuoso corso d'acqua, che viaggiava verso est, Danuvius, dal nome della Dea Madre, Danu; questo fiume è noto ancora come il potente Danubio. E sulle sue ampie rive edificarono quattro grandi e splendenti città in cui avrebbero vissuto e sarebbero prosperati i figli di Danu. [...]. 
Il Dagda divenne il loro padre, perciò l'umanità lo chiamò Padre degli Dèi. E Brigit divenne la saggia, eminente nell'apprendere, che molto assorbì dalla potente Danu e da Bile, la sacra quercia...

Peter Berresford Ellis: The Chronicles of the Celts: New Tellings of their Myths and Legends

Ebbene, questo mito non esiste. Né è accettabile il seguito, nel quale Ellis incorpora vicende tratte da altri testi, tra cui il Cath Maige Tuired, adattandone i particolari alle proprie premesse. Di *Danu, che Ellis afferma essere la dea eponima del fiume Danubio, abbiamo già segnalato la natura ipotetica; in quanto a Bíle, che viene qui presentato come una sorta di albero cosmico, è un personaggio di cui già un secolo fa John MacCulloch segnalava l'inconsistenza (MacCulloch 1911). Nell'introduzione Ellis afferma: «nella presente raccolta di racconti, ho scelto di introdurre quelli che presentano una riproduzione del mito della creazione celtico e ho cercato di eliminare le glosse cristiane aggiunte nel momento della trascrizione dello stesso mito» (Berresford Ellis 1999). Ma a quanto pare, Ellis si è semplicemente basato su quanto ha letto nei vecchi libri di divulgazione, in cui le Túatha Dé Danann erano presentate senza ambiguità come le «Tribù della dea Danu», con *Danu e Bíle come loro lontani antenati.

Una delle fonti di Ellis sembra essere proprio Charles Squire che nel suo Mythology of Celtic People così scriveva: «[Danu] era la gran madre; molto affetto aveva per gli dèi, scrive il commentatore di un glossario del IX secolo. Il marito della dea non viene mai ricordato per nome; tuttavia, per analogia con le divinità britanniche, possiamo immaginare si trattasse di Bilé [sic], noto nella tradizione gaelica come un dio dell'Ade, equivalente celtico del Dis Pater da cui nacquero i primi uomini» (Squire 1911).

È evidente che un lettore non preparato può trarre da queste righe un'immagine assolutamente distorta della mitologia celtica, finendo col ritenere – come Ellis – che gli eroi delle Túatha Dé Danann fossero i figli di *Danu e Bíle. Il «glossario del IX secolo» a cui si riferisce Squire è il Sanas di Cormac, il quale non parla di *Danu, bensì di Anu, la mater deourum hibernensium; Squire riteneva di poter identificare i due personaggi, ed ecco perché nel testo *Danu viene esplicitamente presentata come la «gran madre».

In quanto a Bíle, un personaggio con questo nome compare nel Lebor Gabála Érenn, ma non è legato a *Danu/Danann. Bíle è uno dei capi dei Clanna Míled che vennero dalla Spagna per strappare Ériu alle Túatha Dé Danann. Poiché i Gaeli affermavano di discendere dai Clanna Míled, Bíle finì per essere considerato come un antenato delle genti d'Irlanda, come dichiarava lo stesso Lebor Gabála: «Bíle e Míl, dalla cui progenie tutti i Gaeli discesero» [Bile ocus Mílid, is dia cloind Gáidil uile]. Non fu Bíle, tuttavia, ma Donn che si prese il ruolo del «dio dell'Ade» suggerito da Squire. Donn (il cui nome significa «scuro») fu il comandante di una delle navi milesie nell'invasione. Un vento mandato dalle Túatha Dé Danann fece naufragare la nave contro un isolotto appena fuori della costa sudoccidentale d'Irlanda, nella quale annegarono Donn, i suoi fratelli Airech ed Érennán, e lo stesso Bíle. Pertanto tutti questi personaggi furono qualificati come «i primi a morire in Irlanda» e divennero i signori di coloro che morirono dopo di loro. Donn diede il suo nome all'isolotto dove avvenne il naufragio (Tech nDuinn «casa di Donn»), che sarebbe divenuto importante nelle tradizioni popolari come uno dei siti dell'altro mondo, con lo stesso Donn quale signore dei morti (Davidson 1988). In quanto a Bíle, egli non gioca più alcun ruolo nelle vicende mitiche.

Che cosa abbiamo, allora, per associare Bíle con *Danu/Danann? Squire menziona un'«analogia con le divinità britanniche» (Squire 1911). Si riferisce naturalmente alla Plant Dôn delle tradizioni gallesi. Però la fonte principale in cui appare la famiglia di Dôn, il Mabinogion, non menziona alcun marito di Dôn e la sola figura maschile della sua generazione che interpreta un ruolo importante nelle vicende è suo fratello Math fab Mathonwy, il mago della Plant Dôn. L'unica fonte che pare citare un marito di Dôn è costituita dalle Trioedd Ynys Prydein, una collezione di sentenze gnomiche attestate in diversi manoscritti del XIII e XIV secolo, che si presume servissero come supporto mnemonico per bardi e narratori di storie, raccogliendo personaggi e situazioni in gruppi di tre. In una triade si menziona una «Arianrhod figlia di Beli» [Arianrhod merch Veli], che si ritiene sia da identificare con la «Arianrhod figlia di Dôn» [Arianrhod ferch Dôn] che compare nel quarto ramo del Mabinogion. Questo Beli è evidentemente Beli Mawr ap Mynogan, personaggio che appare frequentemente nelle genealogie relative alla Britannia celtica. Per quanto i filologi negano che tra i nomi Beli e Bíle vi siano relazioni etimologiche, altri hanno creduto di ravvisare tra i due personaggi una lieve analogia basata sul semplice fatto che Beli, così come Bíle in Irlanda, non ha un ruolo attivo nei miti, pur essendo segnalato come primo antenato di virtualmente tutte le linee genealogiche dei regnanti di Britannia.

Ma allora perché Berresford Ellis ci presenta Bíle sotto l'aspetto di un albero cosmico? Anche qui, come nel caso di *Danu gabellata per dea delle acque primordiali, si tratta di un'interpretazione dello stesso Ellis. La più plausibile etimologia del nome Bíle, anche se altamente ipotetica in quanto i copisti medievali non sono riusciti a stabilire se la i nel nome fosse lunga o breve, lo fa derivare dal termine gaelico bíle, indicante un albero sacro. Nella tradizione irlandese, infatti, la parole bíle è usata per designare alberi particolarmente grandi e antichi che servivano come punti centrali di spazi rituali nei territori tribali. Partendo da questo assunto, Ellis trasforma fisicamente Bíle in un albero, chiaramente ispirato al frassino Yggdrasill dei miti norreni. (Inutile sottolineare che secondo questo discutibile modo di procedere, tutti i personaggi con nomi teriofori diventerebbero dei veri e propri animali, Artù sarebbe stato un orso, Oisín un cervo e Brân un corvo con becco e piume.)

Dunque, riassumendo, Bíle è associato al motivo del primo antenato e il suo nome, almeno nella forma irlandese, contiene un possibile riferimento a un albero sacro. La dea *Danu non è nemmeno attestata nei testi antichi, a meno che non si voglia identificarla nella Anu di Cormac o con la Danann del Lebor Gabála Érenn. Un'associazione tra le due figure in un contesto letterario è assolutamente inesistente. Eventuali analogie basate sulle fonti britanniche risultano inconsistenti. Non c'è altro. Il resto è un semplice parto della fantasia di Berresford Ellis, il quale, attingendo a fonti poco attendibili e utilizzandole acriticamente, ha contributo a diffondere tra gli appassionati l'idea assolutamente infondata che *Danu e Bíle furono gli «antenati» delle Túatha Dé Danann (Berresford Ellis 1999).


In definitiva quindi possiamo affermare che le Tùatha Dé Danann hanno un'origine storica, che sono diventati gli déi d'Irlanda per una forma di trasformazione e sincretismo dei miti, probabilmente divinizzati anche per le loro abilità eccelse in vari campi, diventando successivamente creature fatate, detronizzate e declassate dal lavoro dei monaci cristiani...L'esistenza di una Dea Danu non è confermata ed è improbabile, mentre è sicura, da fonti antiche, l'esistenza di Anu/Ana, Dea Madre degli déi Irlandesi, probabilmente associabile a Morrigan e non a Danu. 

domenica 9 giugno 2013

Cerridwen

Spesso considerata equivalente Gallese di Brighid, Cerridwen è la Dea dell’ispirazione, dell’intelligenza e della conoscenza. Il suo nome significa “Porta di Dio” o “la Porta verso Dio”, infatti lei è realmente una porta che immette alla presenza di Dio essendo creatrice di tutto ciò che esiste, attraverso di Lei si compie l’eterna sublimazione dell’Essere. Lei è la Crone, l’anziana, la strega, signora della magia della luna calante, con la sua capacità di vedere chiaramente, funzione che esercita attraverso il suo calderone di saggezza, ispirazione, rinascita e trasformazione. A volte Cerridwen è denominata Anna o Annys, la strega regina dei morti. E’ lo spirito della notte e del corpo addormentato della terra dell’inverno, il regno dei morti, contrapposto alla terra dell’estate. E’ inoltre la sacerdotessa primordiale, chiamata la Anna Nera dei misteri proibiti. Dea lunare che, secondo il mito, utilizzava sei erbe magiche, per preparare la sua pozione Greal o Graal, sobbollite nel suo calderone Awen (spirito divino, ispirazione profetica. L’Awen è l’essenza della vita, l’energia creativa, il tocco degli dei del cielo sulla terra). La pozione doveva bollire a fuoco lento per un anno e un giorno (tempo simbolico che rappresenta la preparazione, lo studio e la pratica che precedono la realizzazione della magia) e alla fine di quel periodo produceva le tre gocce di saggezza. Le tre gambe su cui poggia il calderone, ricordano la triplice divinità della luna e del divino femminile. Sono presenti anche i quattro elementi della vita: l’acqua che lo colma, il fuoco che lo fa ribollire, le erbe al suo interno che provengono dalla terra e nell’aria, il vapore ed il profumo. Il calderone di Cerridwen è un simbolo antico e di rinnovamento, rinascita spirituale, di trasformazione e abbondanza, il grembo della Grande Dea da cui tutte le cose sono create e nutrite. Animale associato alla Dea è la scrofa bianca che rinasce ogni volta che viene mangiata, simbolo di fertilità, buona fortuna e prosperità. Suo albero sacro è la Betulla. Cerridwen nelle sembianze di corvo, invece, rappresenta il cambiamento e il centro da cui emergono sia la luce che l’oscurità, così mostrando il lato di tutte le cose, sia l’occulto che il manifesto. A volte porta un falcetto legato alla vita, simbolo della luna, del raccolto e di morte/rinascita. Dietro di lei un corso d’acqua rappresenta il fiume da attraversare prima della rinascita. Le ‘parole di potere’ (o incantesimi) sono collegate a Cerridwen perché sua è la magia della volontà che si esprime e crea. Tra i suoi attributi riconosciamo anche l’onniscienza, in quanto conosce passato presente e futuro di ognuno, e in virtù di ciò simboleggia il collegamento fra le vite passate e quelle che dovranno venire. Cerridwen è anche esperta nelle arti della divinazione. Ella dona agli umani i sogni e le visioni che, se interpretati saggiamente, portano a grande chiarezza. Si potrebbe affermare che Brighid e Cerridwen sono due facce della stessa medaglia, entrambe, infatti, hanno diverse cose in comune, sono due Dee legate alla fertilità e alla terra, entrambe possiedono il calderone, entrambe sono Signore dell'Altromondo, sono entrambe Dee che presiedono alla trasformazione, purificazione e guarigione: la prima attraverso il fuoco, espressione di energia, forza e ispirazione vitale e creativa, la seconda attraverso l'acqua dell'inconscio e dell'intuizione, attraverso la morte e la rinascita (anche se comunque la stessa Brighid è legata anche al culto delle acque). L'una porta all'espansione verso l'esterno, l'altra a raccoglierci all'interno, l'una è il volto luminoso, l'altro è il volto velato. Insieme rappresentano l'equilibrio e la complessità del principio divino femminile, la terra e il cielo, la luce e l'ombra, il sole e la luna, la vita e la morte (seguita sempre dalla rinascita), l'esterno e l'interno, l'energia e la mente, l'azione e il pensiero, il conscio e l'inconscio. Sono quindi connesse e l'una è essenziale per l'altra, per giungere a Brighid (la luce della conoscenza divina) bisogna passare per il calderone di Cerridwen (che simbolicamente rappresenta il viaggio dentro noi stessi, l'addentrarsi nei meandri oscuri della nostra anima, affrontando ciò che ci fa paura e ci blocca, bisogna morire per poi rinascere come la fenice fiammeggiante).

Nota: L'immagine è di Unripe Hamadryad

sabato 8 giugno 2013

Salve, Brigantia!


Salve, Brigantia! 
Custode della fucina, tu che dai forma al mondo stesso con il fuoco, 
tu che accendi la scintilla della passione nei poeti, 
tu che guidi i clan con il tuo grido guerriero, 
tu che sei la sposa delle isole, e che guidi la lotta per la libertà. 
Salve, Brigantia! 
Custode della famiglia e del focolare, 
tu che ispiri i bardi a cantare, 
tu che guidi il fabbro mentre solleva il martello, 
tu che sei un fuoco che spazza tutto il territorio.
Salve, Brigantia!

SULIS - DEA DELLE SORGENTI

Sulis, è uno degli epiteti con cui era conosciuta Brighid. Suil in antico irlandese significa "occhio" o "divario", ed indicava un'entrata dell'oltretomba. L'etimologia classica, comunque, afferma che Sulis significa "sole", dato che sarebbe la forma originale del gallese haul (sole) e dell'antico irlandese suil (dall'Indo-Europeo *sawel-). Nel politeismo celtico praticato in BritanniaSulis fu la Dea adorata presso la fonte termale di Bath (nel Somerset, unica sorgente di acqua calda in Gran Bretagna). La sua sorgente calda era rinomata per le sue proprietà curative fin dai tempi antichi, e quando i Romani arrivarono in Gran Bretagna costruirono un complesso termale che chiamarono Aquae Sulis ("le acque di Sulis"). I pellegrini venuti dal continente europeo a fare il bagno nelle acque terapeutiche arrivavano fin dalla Germania. I romani equipararono Sulis con la loro Minerva, chiamandola Sulis Minerva, caso insolito in quanto i romani aveva l'abitudine di usare il nome celtico della divinità dopo il nome romano. Dai suoi oggetti votivi si è capito che era considerata la Grande Madre donatrice di vita e guarigione, dea del parto, ma anche fonte di maledizioni. A Sulis si chiedeva solitamente di nuocere alla salute mentale e fisica del colpevole, mediante la negazione del sonno o addirittura con la morte.A Bath, il tempio romano è dedicato a Sulis Minerva, ed è la principale divinità del tempio locale. Grazie al sincretismo con la dea romana Minerva, i mitografi hanno ipotizzato che Sulis fosse anche una dea della saggezza e delle decisioni. Solitamente era rappresentata o descritta con indosso un vestito verde-grigio come l'acqua delle sorgenti e con i capelli di un arancione brillantecome i depositi lasciati dalle acque ricche di minerali. Presso le terme di Bath una volta sorgeva una magnifica statua in bronzo di Sulis Minerva. Tuttavia questo è stato distrutto in epoca paleocristiana e solo la testa sopravvive ora (sopra a sinistra). Tuttavia, l'esistenza di una tale statua attesta l'importanza culto di Sulis Minerva, così come il fatto che i bagni stessi sono stati dedicati a lei. Più di 12.000 monete romane sono state trovate in questo luogo, la più grande offerta votiva delle isole Britanniche. Sono stati trovati anche molti modelli di avorio di seni e di bronzo. Questi sono stati probabilmente indossati durante l'allattamento al seno in modo che la Dea fornisse un flusso abbondante di latte, poi offerto alla Dea come ringraziamento.