venerdì 31 maggio 2013

Melissa: Signora di Api e di Miele

"The Bee Goddess" by Emily Balivet

Cercando informazioni sulle Sacerdotesse Melisse mi sono imbattuta in questo articolo che riporto per intero perché fatto davvero bene, l'autrice è Violet e questo è il link dell'articolo: http://www.tempiodellaninfa.net/public/print.php?sid=173&MDPROSID=.

Nel verde rigoglio dei prati imbevuti di luce, dove il sole sparge il suo oro tra i fili d’erba e i fiori selvatici ondeggiano soavi nella brezza estiva, dove ogni corolla umida di rugiada si dischiude a rivelare i suoi più intimi segreti, e lascia intravedere, fra i petali che si discostano timidamente, il suo cuore lucido di prelibato nettare; dove le tenere erbe aromatiche esalano i loro tiepidi aliti muschiati, i grilli vibrano ritmi gioiosi sugli alti steli, e nello stormire di ogni foglia è racchiuso tutto il mistero dell’armonia naturale;
qui, fra i più bei doni della florida natura, vive la piccola Melissa, graziosa signora di tutte le api e del dolce miele prezioso.

Il dorato ronzare ne rivela la presenza. Regina nutrice attorniata da una miriade di piccole ancelle che della dolcezza della natura ben conoscono ogni più piccolo segreto. Figlia dei raggi di sole che ama danzare nella luce, velandosi talvolta di rosei petali o penetrando avidamente il calice purpureo colmo di delizie delle infiorescenze più ricche e succose.
Sposa e fervida amante di tutti i fiori che crescono sulla terra, nei vasti campi aperti come nell’intimità dei segreti giardini, nei sottoboschi silenziosi, protetti dal fresco delle arboree penombre, e nelle tranquille radure soleggiate, circondate da folte querce e noccioli, robinie odorose, tigli e robusti castagni. Sposa anche di quei fiori che la terra la guardano dall’alto, ricadendo dagli alberi in lussureggianti grappoli trasudanti umori zuccherini…
La sua vita di ape, sia essa regina o solerte operaia, trascorre nella ricchezza degli ori naturali, spostandosi dai capolini fioriti agli ombrosi e indaffarati alveari, dove nettari e pollini vengono sapientemente trasformati in miscele dai poteri miracolosi.
Ma spesso ella ama abbandonare il suo piccolo corpo alato e assumere le forme di una bellissima fanciulla, per camminare a piedi nudi sui morbidi tappeti erbosi e cogliere quei fiori che tanto le sono cari, in quanto unica fonte del suo nutrimento, per odorarne l’intenso profumo e forse per ornarsi i bei capelli biondi, rilucenti come ambra liquida sotto il sole del meriggio.
Ape divina e Donna-Dea, che per sua innata predisposizione offre il delizioso fluido che nutre e guarisce, come materna e generosa nutrice, sempre provvida di dolcezze, quanto d’amore…

La storia di Melissa
La Dea, la principessa cretese, la Sacerdotessa

Il nome di Melissa deriva dal greco meli, “miele” e significa letteralmente “colei che è datrice di miele”, “colei che offre il miele”. Melissa, in origine, era dunque considerata un’ape mellifera, ed al contempo la regina di tutte le api.
Le sue leggende nascono nell’antico mondo mediterraneo, nella calda e selvaggia terra di Creta, dove ella era una delle luminose espressioni della “primitiva Potnia dei fiori (…) dal filo d’erba agli alberi delle millenarie foreste” (1). La si poteva descrivere come “Dea celata nelle forme di un’ape, di cui, di quando in quando, si libera o in cui nuovamente si nasconde” (2), ovvero come sacra e libera energia naturale che abitava sì nelle graziose api e nel loro regno fiorito, ma poteva assumere anche sembianze diverse in un’infinita e gioiosa libertà d’espressione; ed incarnava tutte le caratteristiche dell’ape regina e delle sue figlie, delle quali era l’archetipo divino (3).
Il suo era un regno di intima armonia femminile, di coralità perfetta fra sorelle nate dalla stessa prodigiosa madre; un regno basato sull’amorevole servizio ad una grande sovrana, unica femmina fertile del favo che dal bel ventre rigonfio genera tutte le sue devote figlie ed ancelle, come pure i figli paredri, che nella loro breve esistenza stanno accanto a lei e ne fecondano le uova.
E tuttavia ella può generare anche da sola, indipendentemente dall’intervento del maschio, per questo richiama l’autonomia e l’indipendenza generativa della Grande Madre, androgina e completa in se stessa.
Melissa era dunque la dolce signora dell’alveo brunito, la materna Regina sempre gravida d’amore e la dolce e operosa Figlia; la languida femmina perennemente fertile e la fiera guerriera, che sacrifica la sua vita pur di proteggere il delicato equilibrio del suo piccolo mondo perfetto.
Rappresentava la Dea della Natura selvaggia, ed anche della Trasformazione dopo la morte e della periodica Rigenerazione, e le sue ali d’oro indicavano la Rinascita ai regni sottili.
Al calare del sole, la selvatica Melissa solare lasciava il passo alla dolcissima Melissa lunare, la regolatrice dei cicli femminili, protettrice delle donne fertili e delle partorienti, e madrina dei bimbi, ai quali offriva il suo dolcissimo miele per addolcirne il latte.

Dea Vergine e libera, in origine, Melissa si vide mutare dal corso degli eventi, subendo il rovesciamento degli antichi valori; così divenne col tempo una donna mortale che conservava solo il pallido riflesso dei suoi lontani attributi divini.
Nelle leggende greche, ella ci viene descritta come una bellissima principessa cretese – o certe volte come una materna Ninfa del Miele – che aveva nutrito il piccolo Zeus nel tempo in cui il grande dio patriarcale non era ancora l’onnipotente padre degli Dei, ma il grazioso figlio della Dea.
In un’impervia e celata grotta del monte Dicte, Melissa si era presa cura del bimbo, raddolcendo con il suo miele il latte caprino fornito dalla candida sorella Amaltea, mentre Coribanti e Cureti danzavano ebbri e gioiosi insieme alle Ninfe per nascondere, con i loro canti e le loro musiche scatenate, i vagiti del neonato. E quando Zeus crebbe, per ringraziare la principessa delle sue dolci cure, decise di liberarla del suo semplice corpo di donna mortale e la trasformò in ape.
In questo mito, Melissa è ancora la sacra Nutrice che offre il dorato miele, anche se di divino, in apparenza, non conserva quasi più nulla. La sua libertà originaria è stata dimenticata ed ella deve passare attraverso la concessione del dio maschio per ottenere ciò che da tempo immemore, e da molto prima della nascita del dio stesso, era già naturalmente suo.
Inoltre, in quanto principessa, ella non è più la splendida femmina autonoma in se stessa, ma solo la figlia di un re, Melisseus, come a giustificare in tal modo la sua esistenza ed il suo elevato compito, poiché era ormai di dovere porre le figure femminili d’indigene caratteristiche libere e selvagge sotto la protezione di un maschio che ne mitigasse la forza e la fiera bellezza.
È tuttavia evidente che la Melissa originaria era molto differente da quella ritratta nel mito greco, e che lei, nata da se stessa, ovvero dalla terra umida, dalla argentea luna, dai raggi di sole e dai fiori succosi, non conosceva né aveva mai conosciuto un padre, ma solo molti figli e paredri.
A tal proposito, così scrisse Momolina Marconi nel suo studio sulla Dea cretese:
Non è detto che all’origine di questa complessa leggenda mitica stia Melisseus, che questi sia veramente il padre, venga cioè prima di Melissa;
può quest’ultima esserne stata la madre ed egli, oltre che figlio e paredro, come re-sacerdote, anche il suo primo cultore
.” (4)

Secondo un’altra leggenda tramandata da Servio, Melissa era una Sacerdotessa dedicata a Demetra, depositaria delle segrete conoscenze e dei sacri riti misterici della Dea, sui quali aveva giurato di mantenere l’assoluto silenzio. Infastidita da un gruppo di curiose, che la istigavano a rivelare i suoi saperi, ella negò senza mai cedere, fino a quando le donne, deluse ed infuriate, la uccisero facendola a pezzi. La Dea vide ciò che era accaduto e trasformò il corpo straziato della sua amata figlia in uno sciame lucente di api, che si levò leggero e volò verso l’infinito per ricongiungersi a Lei.
Da quanto traspare in questo racconto, Melissa si rivela essere la custode dei segreti dai profani, e come le api delle quali incarna lo spirito, è disposta a sacrificare se stessa per difendere ciò che è sacro (5). Ella è la mantenitrice del Silenzio, che è la chiave perchè le antiche saggezze non vengano spente e continuino ad ardere, sempre vive, in ogni luogo e in ogni tempo. 

L’Ape divina…

Nascosta nei suoi alvei ombrosi, talvolta simili a grandi lumi che infondono un fievole chiarore ambrato agli incavi delle rocce, alle intime grotte emananti umidi sospiri, alle nicchie naturali scavate nella corteccia di vecchi tronchi, la piccola ape è da sempre investita del più profondo e ineffabile mistero, poiché richiama l’oro celato nel centro interiore, lo spirito che risplende di luce, i regni del nume che mai si spegne. Essa rappresenta simbolicamente l’anima che tramite un arduo percorso ha contemplato il divino e ha conosciuto la sua antica ed eterna armonia; l’anima iniziata, sacra e purissima, che ha ritrovato l’oro della sua condizione originaria, si è resa d’oro e di tale oro si è fatta portatrice nel mondo, come fiaccola fiammeggiante che illumina l’oscurità e ne disperde le ombre. Il volo dell’ape, infatti, riflette la liberazione dell’oro nell’oro, l’involarsi dello spirito verso le terre oltremondane, il suo trascendere la materia e sciogliersi come brillante pulviscolo nella sublime luminescenza divina, diventandone parte integrante e realizzando in tal modo il ricongiungimento vero ed intimo con la Grande Madre. Per questo l’ape richiama anche la perfezione e la saggezza, l’eterna giovinezza e l’immortalità animiche, ovvero ciò che proprio dal conseguimento di questo processo interiore potrebbe pervenire.
La sua vicinanza al reame sottile la rendeva agli occhi degli antichi una messaggera, che “viaggiava sui sentieri della luce” (5) recando con sé i messaggi che gli uomini inviavano agli Dèi. E se l’ape riconduce all’anima luminosa, allora si potrebbe pensare che sia l’anima luminosa stessa ad essere veramente in grado di comunicare con il divino, e di sentirne, tramite intuizioni, ispirazione e contemplazione consapevole della natura e dei suoi piccoli e significativi eventi, la splendida e amorevole Voce, così come gli armoniosi e giusti consigli.
Ma l’ape non richiamava solamente l’etereo spirito, dal momento che era legata anche alla fresca terra bruna e alla sacra fiamma. Secondo le leggende nordiche essa affiorava sulla terra da un sotterraneo mondo incantato, dove viveva insieme alle fate. Si riteneva che possedesse le ctonie virtù profetiche, per questo se ne osservava il volo per divinare e determinare il futuro, e che fosse portatrice del fuoco divino. Dalla sua preziosa cera si modellavano le candele, strumenti di luce nel buio, ovvero ciò che permette di vedere anche nella più fitta oscurità, e di riconoscere sempre la verità al di là dell’illusione.
Riflesso dello spirito liberato dal corpo, essa simboleggiava l’eterna ciclica rigenerazione naturale, la rinascita che seguiva alla morte, poiché si credeva che nascesse e volasse via in sciami luminosi dal cadavere di un toro. Ma il toro non era che l’immagine terrestre della luna d’avorio, colei che “presiede all’entrata delle anime nella generazione” (6), pertanto si poteva dedurre che, come le api emergevano dal bucranio dalle corna a falce lunare, allo stesso modo le lucenti anime-api discendevano dalla madre del cielo notturno, ed andavano ad abitare nelle limpide fanciulle destinate ad essere riflessi divini sulla Terra.
Sotto queste spoglie, la Luna era chiamata proprio Melissa, l’ape notturna che vegliava sulle segrete unioni d’amore dolci come il miele, e soprattutto su quelle che confluivano nel concepimento di nuova vita (7).

…e le sue Figlie

Le belle fanciulle benedette da un Destino fortunato, nelle quali brillava un’anima-ape, illuminata e consapevole, o un’anima gentile predisposta a diventarlo, erano le lucenti figlie dell’Ape divina, anticamente chiamate proprio “melissai” – api – per l’intimo oro di cui erano portatrici.
Queste splendide donne erano le sacerdotesse consacrate alla misteriosa Dea terrestre in tutte le sue manifestazioni, e dedicavano la loro vita a conoscere e preservare i misteri ed i magici riti femminili, sui quali dovevano sempre mantenere il segreto.
Si narra che alcune delle loro mansioni fossero l’offerta di api e di miele ai templi delle Dee Madri, e recarvi acqua fresca attinta solo da sorgenti purissime. (8)
Il loro rapporto con il divino rifletteva in tutto e per tutto quello delle loro sorelle ronzanti, poiché come le api sono figlie ed amorevoli ancelle della loro Regina, così le sacerdotesse lo erano della Dea; e nel mondo arcaico le une e le altre non erano che la stessa cosa.
Così, si potrebbe pensare che queste eterne fanciulle, oltre che conoscitrici delle dimensioni fatate, dove forse amavano intrattenersi nei loro voli estatici, fossero anche erbarie e guaritrici, per la profonda conoscenza della magia e delle virtù medicinali di fiori, erbe, cortecce e radici; ed inoltre portatrici di fertilità alla terra, agli animali ed alle donne, vergini in senso antico, libere ed indipendenti dal maschio, e sostenitrici, nonché preservatrici, di una giusta società matriarcale. Forse esse lavoravano insieme, come le api, per uno scopo sempre comune e mai personale, e potevano rivelarsi terribili guerriere, acerrime nemiche in perenne guerra contro ciò che mira a ledere la sacralità della Natura. (9)
Melissa era la loro madre spirituale e loro erano le sue sacre api, che per quanto avessero viaggiato per le vie del mondo, per quanto si fossero allontanate dal loro antico alveo, di vita in vita avevano sempre ritrovato la strada per ricongiungersi a Lei e al suo grembo. Poiché, allora come adesso, ogni donna che trova la strada per tornare al sacro alveare di sorellanza ed armonia femminili, è un’ape della Dea, e vive benedetta dal suo amore, profondamente ricolma della sua calda luce. (10)

Il Miele prezioso

Dolce prodotto dell’infaticabile lavoro delle api, simile a fluida ambra colata dai raggi solari, il miele è l’aurea essenza della natura fiorita, il primitivo nutrimento divino.
La sua dolcezza inebriante ricorda la bellezza languida, la voluttà erotica vissuta in modo sacro che rende ebbri d’amore puro ed impersonale, e che può portare all’illuminazione. Del resto, il miele ha sempre richiamato l’ebbrezza gioiosa, libera, ovvero quel tipo di ebbrezza che proviene dall’alto e porta verso l’alto, verso l’incantamento e l’estasi animica; ben diversa dalla tipica ubriacatura moderna che trascina verso il basso e rende facili prede di tristezza, disperazione, angoscia ed altri spiacevoli stati emotivi. (11)
Forse proprio perché conduceva, in tal modo, a stati liminali simili alla morte fisica, il miele era considerato un simbolo di morte e rinnovamento, e veniva usato nei misteriosi riti di rinascita e immortalità. Esso rappresentava il raggiungimento della saggezza e dell’ispirazione – come eterea fiamma ardente – provenienti dai mondi sottili.
Come il sole del quale rifletteva la luce, il miele racchiudeva anche i poteri purificatori del fuoco, tanto da essere balsamo di purificazione potente più dell’acqua.
Nutrirsi del suo oro significava nutrire la propria anima, aiutandola a rendersi sempre più pulita, più lucente, più forte e consapevole.
Negli antichi miti era ricorrente la figura di una Dea che per resuscitare i morti si serviva del miele; offerte di miele venivano lasciate nei templi e nei boschi alle Dee della Morte e del Fato, legate ai poteri terrestri e lunari del ciclo rigenerativo, e si dedicavano ai defunti, per onorarne la memoria.
Il dolce nettare veniva inoltre donato alle sacerdotesse oracolari prima di consultarne i saggi responsi, poiché si riteneva infondesse la conoscenza della verità e facesse pronunciare solo cose vere (12). Attingere alla sua sacra essenza svelava gli arcani e rendeva limpido lo sguardo sull’Altrove. Con la sua luce negli occhi non si poteva far altro che vedere il vero, nascosto dove a mente e parola non è dato avvicinarsi.

La Regina delle Api. La fiaba

La prossimità del miele e delle api alla purezza traspare anche da una fiaba, raccolta e trascritta dai fratelli Grimm ed intitolata La regina delle api.
In questo racconto, tre principi, vagando per le vie del mondo, giunsero un giorno in un castello incantato, sul quale da molto tempo gravava una maledizione. Nelle stalle non vi erano che cavalli di pietra ed il castello era tutto deserto, fatta eccezione per un grigio nano. Chiunque tentasse di sciogliere l’incantesimo per riportare la vita in quel magico luogo, e fallisse nell’impresa, veniva tramutato in una statua e mai avrebbe potuto incontrare la bellissima principessa.
Su una antica lapide erano state scritte le tre difficili imprese che avrebbero liberato il castello, e di queste, la terza richiedeva di distinguere, fra tre principesse dormienti, uguali fra loro come gocce d’acqua, quale fosse la più giovane e soave.
I primi due nobili fratelli, che credevano di saperla lunga e non avevano buon cuore, fallirono immediatamente, ma il terzo, il più giovane e leale, riuscì a superare tutte le difficoltà delle prime due imprese grazie all’aiuto di alcuni animaletti suoi alleati, che svolsero in gran parte il lavoro per lui. Così giunse al cospetto di tre bellissimi letti, in ognuno dei quali dormiva beatamente una fanciulla. L’unica cosa che distingueva le tre giovani era ciò che esse avevano mangiato prima di cadere addormentate. La maggiore aveva assaggiato un pezzetto di zucchero, la seconda qualche goccia di sciroppo e la più piccola un cucchiaino di miele.
Il principe non sapeva quale scegliere, ma di lì a poco giunse dalla finestra la regina delle api con tutte le sue ancelle, che un tempo egli aveva salvato dal fuoco che i suoi fratelli volevano appiccare al suo alveare. Ed ella si posò sulle labbra delle tre fanciulle per assaggiarne la dolcezza, riconoscendo colei che si era nutrita di miele. Il giovane principe la scelse ed in tal modo spezzò la malia: la pietra tornò morbida carne, il sonno abbandonò i dormienti e la vita tornò a risplendere su tutto il castello.
La bellissima principessa e il suo cavaliere si sposarono e per sempre vissero nella felicità.

In questa dolce fiaba il miele è il purissimo alimento che distingue, fra le tre principesse, la più limpida, la più luminosa e amabile. Lo zucchero e lo sciroppo non sono nobili quanto il miele, ed in egual modo le due sorelle più grandi non lo sono quanto la più giovane. Per quanto le tre principesse si somiglino esteriormente, è infatti la bellezza interiore, la trasparenza, la sublimità spirituale della terza – simboleggiata dal miele stesso – che le rende diverse. E solo scegliendo colei che è luce, la vita può tornare ad illuminare lo sguardo e ogni illusione viene spezzata.
La regina delle api aiuta il giovane a scegliere la purezza. Lei che è entità divina, non può che riconoscere a sua volta ciò che nasconde un’anima divina; e lo fa grazie al miele, che riposa solo su labbra soavi.
L’ape fiabesca è dunque colei che distingue ciò che risplende da ciò che è opaco, ciò che è elevato da ciò che è basso e volgare, e guida il cercatore sulla buona strada, indicandogli le vie che brillano d’oro e spingendolo a sceglierle. Così che un giorno egli possa trovare la sua luce segreta e conoscere veramente ciò di cui oro e miele non sono che pallide eco sparse sul mondo.


Note

1. Citazione da Eterno Femminino Mediterraneo, Uberto Pestalozza, Neri Pozza Editore, Venezia, 1954, pagg. 46-47

2. Citazione da Melissa Dea cretese, Momolina Marconi, in Athaenum, Pavia 1940, pag. 170

3. In quanto divinità arcaica in un mondo tradizionale arcaico, Melissa non poteva essere concepita come vincolata ad alcuna forma o personificazione esterna sempre uguale a se stessa, ma come purissima, luminosa e libera essenza, come forza naturale o energia sacra, che pervadeva la Natura e che a volte poteva anche manifestarsi negli uomini, o meglio, nelle Donne che di tale immensa fortuna si erano rese degne (Cfr. Il Guerriero nell’India Arcaica, Filippo Cavallai, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2009, pag. 52-53).

4. Citazione da Melissa Dea cretese, Momolina Marconi, in Athaenum, Pavia 1940, pag. 166

5. Citazione da Feste Pagane, Roberto Fattore, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2004, pag. 66

6. Citazione da L’antro delle ninfe, Porfirio, a cura di Laura Simonini, Adelphi, Milano, 2006, pag. 175

7. Il termine “Luna di Miele”, che indica la prima notte di nozze, potrebbe avere origine proprio da queste antiche simbologie, ovvero dal legame che unisce l’amore, la luna, le api, il miele e la discesa delle anime nel ciclo generativo.

8. Melissai erano chiamate le arcaiche sacerdotesse della Dea Ape pre-ellenica greca e cretese, ed in particolare di Demetra, Artemide (Efeso), Aphrodite (Erice), Melissa Delphis (Delphi) – nel cui tempio si adoravano le api – Persephone, Reha, Selene – chiamata talvolta Melissa /Selene – e Kore melitode, protettrice dei frutti – melitodes significa “mielata”, ovvero “Dea di miele”.

9. Dinnanzi al sacrificio della vita stessa, per uno scopo di tale nobiltà, gli antichi non provavano alcun tentennamento, poiché se da una parte essi forse già conoscevano l’assoluta libertà di ciò che si celava oltre la percezione del corpo, dall’altra ritenevano che fosse un immenso onore abbracciare la morte per preservare l’armonia della propria tribù. Sapevano che la loro semplice vita umana non era che una goccia nell’oceano, e che essi facevano parte di una realtà molto più vasta che prescindeva nettamente la propria breve incarnazione.

10. Pare che l’alveare dell’ape regina fosse simbolicamente legato all’utero, ovvero richiamasse il centro d’armonia femminile per eccellenza.

11. In origine la parola greca che aveva come significato “inebriarsi”, ovvero methùo o methusko, era anche legata al miele (Cfr. Dioniso e le Donne, Leda Bearne, Edizioni della Terra di mezzo, Milano, 2008, pag. 92).
Tra i celti, con il miele si preparava l’idromele, la bevanda sacra che si diceva rendesse ebbri di gioia, avvicinasse a stati di beatitudine profonda, e conferisse il dono della profezia e del canto ispirato.

12. Fra le divinità più antiche e misteriose alle quali veniva donato del miele vi erano le tre Thirai, Dee legate al culto dell’Ape divina simili alle triplici Dee del Destino, che si diceva sapessero volare e conoscessero le arcane Verità irraggiungibili per i semplici uomini. Per ottenere responsi veritieri occorreva fare loro delle offerte di miele (Cfr. Dioniso e le Donne, Leda Bearne, Edizioni della Terra di mezzo, Milano, 2008, pagg. 91-92).


Argomento correlato: La Danza e le Erbe: le Api e i tipi di Miele [1] della Zia Artemisia.


Fonti

Melissa Dea cretese, Momolina Marconi, in Athaenum, Pavia, 1940
Eterno Femminino Mediterraneo, Uberto Pestalozza, Neri Pozza Editore, Venezia, 1954
Nuovi saggi di religione mediterranea, Uberto Pestalozza, Sansoni Editore, Firenze, 1964
Dioniso e le Donne, Leda Bearne, Edizioni della Terra di mezzo, Milano, 2008
L’antro delle ninfe, Porfirio, a cura di Laura Simonini, Adelphi, Milano, 2006
Le Fiabe del Focolare, Jacob e Wilhelm Grimm, Mondolibri, Milano, 2005
Il Linguaggio della Dea, Marija Gimbutas. Longanesi, Milano, 1989
The Goddesses and Gods of Old Europe: Myths and Cult Images, Berkeley, Los Angeles, University of California Press, 1996
Il Guerriero nell’India Arcaica, Filippo Cavallari, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2009
Da Circe a Morgana, Momolina Marconi, a cura di Anna De Nardis, Venexia, Roma, 2009
Il vischio e la quercia, Riccardo Taraglio, L’Età dell’Acquario, Torino, 2001
The Women Encyclopedia of Myths and Secrets, Barbara Walker
Figure di Donna nei miti e nelle leggende, Patricia Monaghan. Edizioni Red, Milano, 2004
Feste Pagane, Roberto Fattore, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2004
Femminile del divino nell’opera di Momolina Marconi, a cura di Anna De Nardis: http://www.universitadelledonne.it/denardis.htm [2]
Mondo api: http://www.mondoapi.it/ [3]
Immagine 1: http://www.edupic.net/bees.htm [4]
Immagine 2: The Oracle MMVII, Howard David Johnson


Per approfondire la vita delle meravigliose api
http://www.mondoapi.it/vita/ [5]
http://www.blasi.it/vita_sociale.html [6]

ARTICOLO TRATTO DA "IL TEMPIO DELLA NINFA"
TESTO SCRITTO DA VIOLET

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